Alla Camera arrivano 7 mozioni sulle etichette trasparenti

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Alla ripresa dei lavori parlamentari, l’8 gennaio, l’aula della Camera è impegnata a discutere e votare sette mozioni che chiedono al governo Letta di dare una stretta sull’etichettatura degli alimenti e introdurre più trasparenza sull’origine delle materie prime. A presentarle come primi firmatari altrettanti deputati dei partiti rappresentati a Montecitorio: Franco Bordo (Sel), Dorina Bianchi (Nuovo Centrodestra), Monica Faenzi (Forza Italia), Filippo Gallinella (5 Stelle), Colomba Mongiello (Pd), Marco Rondini (Lega Nord), Adriano Zaccagnini (Gruppo misto). I testi sono scaricabili dal portale della camera ma per comodità li ho raccolti in una cartella scaricabile da questo link per gli utenti registrati di Etichettopoli.com.
Tutte le mozioni partono dalla recente introduzione in Gran Bretagna dell’etichetta semaforica, con i colori che identificano nella distorta visione inglese, il livello di salubrità di ciascun alimento. Col risultato che perfino molte delle nostre Dop otterrebbero il rosso. Ebbene, più o meno tutte le mozioni chiedono un forte impegno in sede comunitaria dell’esecutivo per bloccare l’etichetta semaforica, visto che la Commissione europea, solerte nel bocciare la nostra etichettatura d’origine, finge di ignorare il meccanismo introdotto da Londra.  Le richiesta al governo sono fra le più diverse: dall’introduzione di un’etichetta volontaria sulla “filiera corta” e sul “chilometro zero”, all’applicazione della legge 4/2011, quella destinata a rendere obbligatoria l’indicazione dell’origine per tutti i prodotti alimentari. Singolare però che più o meno tutti i firmatari delle mozioni dimentichino la violenza con cui la Commissione europea ci impose di non applicarla, pena l’apertura di una procedura d’infrazione. Nei primi mesi del 2011 l’allora ministro della Politiche Agricole Giancarlo Galan convocò in effetti i tavoli di filiera per definire i decreti sull’applicazione delle etichette trasparenti. Ma i tavoli riuscirono giusto a riunirsi. Il niet di Bruxelles congelò tutta la procedura e a quel punto siamo rimasti.
Per altro fatico a immaginare che Enrico palle d’acciaio Letta abbia il coraggio di aprire un duro confronto con l’Europa sulla tutela del made in Italy. Quindi delle due l’una: o i nostri parlamentari ignorano cosa sia accaduto nel 2011, oppure fingono di non saperlo e allora si tratta di ignoranza premeditata. In ogni caso il carosello delle mozioni che andrà in scena fra due giorni alla Camera rischia di trasformarsi nel solito teatrino senza costrutto. Dove bisogna comparire e recitare la propria parte ben sapendo che la rappresentazione si chiuderà al momento decisivo. Già, perché per mettere in scena il finale bisogna essere disposti a scontrarsi con il politburo di Bruxelles. L’ultimo che ci ha provato, proprio nel 2011, ha fatto una brutta fine: oltre a essere ex presidente del Consiglio è pure ex parlamentare.

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