Anche in Francia una legge sull’etichettatura obbligatoria

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La tracciabilità sull’origine dei prodotti sta diventando uno dei temi su cui il presidente francese Nicolas Sarkozy si gioca la riconferma all’Eliseo. La lentezza con cui l’economia francese procede nell’uscita dalla crisi ha innescato una polemica sulla sostenibilità sociale del modello di sviluppo. Problema comune a tutti i grandi Paesi occidentali il cui apparato produttivo è stato colpito dalla delocalizzazione delle attività nelle zone del mondo a basso costo del lavoro.
La novità è che l’Assemblée Nationale, il Parlamento di Parigi ha votato a larghissima maggioranza una risoluzione che impegna il governo a varare una legge sul «made in France». A ispirare l’iniziativa l’ex ministro dell’Industria Christian Estrosi. Per dichiararsi francese un qualsiasi manufatto deve contenere almeno il 55% di componenti francesi. Inoltre, proprio per facilitare al consumatore la comprensione di cosa sia tale e cosa non lo sia, l’etichettatura d’origine deve essere generalizzata e resa obbligatoria per tutti i comparti produttivi. Dunque non solo nel manifatturiero. Certo il tessile e l’abbigliamento (assieme alla moda) ha le idee molto chiare su cosa domandare al governo, ma anche altri settori, incluso quello alimentare, hanno capito da tempo che la difesa del «fabriqué en France» parte dalla tracciabilità delle materie prime. Il modello su cui la politica e una parte importante delle categorie produttive si sta orientando è simile a quello che introduceva la nostra legge sull’etichettatura obbligatoria approvata all’inizio dello scorso anno e poi messa in freezer dopo il niet della Commissione europea. Arrivata a minacciare una procedura d’infrazione contro l’Italia sotto la spinta delle grandi lobby industriali del Nord Europa.
Sta di fatto che il vero «made in France» ha fatto prepotentemente irruzione nell’arena del confronto politico fra Sarkozy e il suo avversario, il socialista Francois Hollande. L’ultima provocazione risale alla settimana scorsa: c’è chi ha suggerito di aggiungere un periodo di garanzia extra ai prodotti etichettati come francesi, in cambio di un aumento del prezzo di vendita e del valore aggiunto. Naturalmente si tratta di manufatti. Per l’alimentare la differenza rispetto ai cibi e agli ingredienti importati dall’Oriente e dal Nord Africa è la qualità intrinseca. Così, presidenziali a parte, anche i nostri cugini d’Oltralpe stanno regolando i conti con gli ultimi dieci anni di deindustrializzazione. Già perché assicurare la riconoscibilità dei prodotti fatti a casa propria significa garantire che le aziende non delocalizzino produzioni e lavoro. Insomma, significa dare un futuro all’occupazione.

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