Boulevard Emilia, così i francesi vogliono scalare la food valley italiana

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La scalata francese all’agroalimentare italiano è soltanto alle fasi iniziali. La conquista di Parmalat, su cui Lactalis ha lanciato un’Opa (offerta pubblica di acquisto) rappresenta una tappa importante nella conquista della food valley italiana. Ma non è la prima e non sarà neppure l’ultima. In verità non occorre essere degli indovini per prevederlo: è scritto nei documenti che la società di Laval, cittadina nel cuore della Loira. ha depositato alla Consob. «Faremo ulteriori acquisizioni mirate», questo il senso dell’annuncio contenuto nel dossier inviato agli sceriffi della Borsa italiana.
Negli ultimi anni la “multinazionale familiare” controllata attraverso una rete di intrecci societari dalla potente famiglia Besnier si è lanciata in uno shopping mozzafiato che l’ha condotta ad essere il leader mondiale in molti settori. Questo specchietto, che compare sul sito ufficiale sella società rende l’idea della potenza di Lactalis:

  • 3° gruppo lattiero mondiale
  • 1° produttore di formaggi in Europa
  • 1° gruppo lattiero europeo
  • 1° collettore europeo di latte
  • 2° gruppo agroalimentare francese
  • 1° produttore di formaggi in Francia
  • 1° produttore di formaggi in Italia

E’ solo questione di tempo ma con l’acquisizione di Parmalat si aggiungerà un’altra voce nel tabellino: 1° gruppo lattiero italiano. E giusto per limitarci al nostro Paese la conquista della società di Collecchio è l’ultima di una lunga serie. Lactalis ha già in pancia molti marchi storici della nostra industria dei formaggi: Invernizzi, Galbani, Bel Paese, Certosa, Galbanino, Santa Lucia, Vallelata, Locatelli, Cademartori, Fruttolo. Ma non è finita qui. L’operazione che condurrà l’ex impero di Calisto Tanzi in mano francese è a sua volta l’ennesima operazione di una strategia che ha un obiettivo preciso: portare l’intera food valley italiana sotto il controllo di Parigi. Non so dirvi se ci sia una regia unica destinata a trasformare la Via Emilia, la cui costruzione risale addirittura al console romano Marco Emilio Lepido in “Boulevard Emilià” (l’accento è solo fonetico perché in francese non si mette). Ma l’operazione Parmalat non arriva inattesa. E non ha senso parlare di “dormita collettiva” dell’industria italiana che si sarebbe fatta cogliere impreparata nell’organizzare una possibile difesa attorno al gioiello di Collecchio. Sono mesi, anni che i francesi ci provano. Non serve andare troppo indietro nel tempo. Risale a meno di due anni fa il tentativo del Crédit Agricole, attraverso la controllata Cariparma, di mettere le mani proprio sulla Fiera di Parma. Era già pronto il piano di riassetto con lo scorporo degli immobili (il quartiere fieristico di Baganzola) conferiti a una holding a controllo pubblico e una newco operativa a controllo privato per il 70% di cui il 51% sarebbe andato, guardacaso a Cariparma. Alla società operativa sarebbero stata conferita l’organizzazione degli eventi fieristici, un piatto ricchissimo, a cominciare dal salone dell’agroalimentare Cibus, il cui marchio è detenuto in comproprietà al 50% dalla Fiera e da Federalimentare, la Confindustria di settore. Scriveva Marco Alfieri sul Sole 24 Ore (10 settembre 2009): «I francesi puntano a trasformare la città emiliana in un  vero e proprio hub alimentare in terra italiana, abbinando alla collaudata potenza finanziaria di territorio l’originale sapienza “contadina” e il know how sviluppato nel private equity di comparto di cui sono leader».
La conquista di Fiera di Parma è finita su un binario morto ma non è detto che le operazioni non riprendano presto. Nel frattempo però Crédit Agricole non è stata con le mani in mano. Attraverso Cariparma ha stanziato ben 1,3 miliardi di plafond – solo nel 2011 – per finanziare 8.800 piccole e medie imprese fra quelle già clienti del gruppo. Una bella cifra nella fase attuale di stretta creditizia seguente agli sciagurati accordi interbancari di Balsilea 3. Ebbene, una bella fetta dei beneficiari opera proprio nell’agroalimentare. Dunque Emmanuel Besnier, il potente numero uno di Lactalis, non dovrà fare alcuna fatica per individuare le «ulteriori acquisizioni mirate» che farà quando Parmalat parlerà francese. La lista dei papabili c’è già: basta scorrere l’elenco dei clienti locali dell’Agricole.
In attesa che la nuova campagna acquisti parta le amministrazioni locali possono portarsi avanti, ribattezzando la vecchia Via Emilia, ora classificata come Strada Statale 9, con il suo vero nome: Boulevard Emilia. I francesi è meglio trattarli con i guanti bianchi. Se si arrabbiano sono dolori. Dubbi? Provate a chiedere a Gheddafi.

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