Carne di maiale, soprattutto sotto forma di prosciutti, latte a lunga conservazione e formaggi. Sono queste le filiere su cui potrebbe scattare l’obbligo dell’etichettatura trasparente previsto dalla Legge 2260, approvata mercoledì 12 gennaio. Già dalla prossima settimana il ministero dell’Agricoltura potrebbe produrre la prima bozza del decreto sulle due filiere (suini e latte). Sempre che, nel frattempo, Bruxelles non si muova in anticipo. Il Commissario europeo alla Salute e alla Politica per i Consumatori, John Dalli, entro giovedì potrebbe recapitare a Roma una lettera in cui si sottolinea che la norma sull’etichetta parlante è in contrasto con il diritto comunitario.
I contenuti della missiva sono ancora top secret ma sono pronto a scommetere che, come accadde nel 2004, pur di bloccare l’etichetta d’origine Bruxelles invocherà le solite asimmetrie: se voi in Italia obbligate a scrivere l’origine dei prodotti contenuti nelle confezioni alimentari (è più o meno questo il ragionamento), le imprese degli altri Paesi europei potrebbero esserne danneggiate.In effetti, chi comprerebbe un Gorgonzola fatto in Polonia, o un culatello olandese?
Con questi argomenti pretestuosi la Ue ci ha bloccato pure l’etichetta per i capi d’abbigliamento.
La verità è un’altra. Germania, Belgio, Olanda e una parte dei Paesi dell’Est, vogliono continuare a venderci le loro porcherie. Senza che i consumatori italiani le possano individuare sul bancone del supermercato. Distinguendole dai veri cibi made in Italy.
Mozzarelle blu, prosciutti belgi e olandesi, bresaole che di valtellinese hanno solo la carta che le avvolge, formaggi ottenuti con cagliate congelate in arrivo dal Mar Baltico. L’elenco è virtualmente infinito.
Dopo la lettera arriverebbe la procedura d’infrazione. Questa, almeno, è la sequenza con cui si muove Bruxelles. Vedrete che in qualunque caso non passerà molto tempo prima che la Commissione europea batta un colpo.
