Con le leggi sul made in Italy ci hanno presi in giro

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Negli ultimi due anni non sono mancati i provvedimenti in difesa del made in Italy. Peccato che – dopo averli approvati – Parlamento e governo li hanno chiusi immediatamente in frigorifero. Facendo di tutto per dimenticarsene. Penso a tre leggi. In ordine di tempo: quella sull’indicazione d’origine obbligatoria in etichetta approvata dal Parlamento all’unanimità all’inizio del 2011, il decreto che doveva introdurre le «etichettone» per olio d’oliva, carni bovine, pollo, miele, latte fresco e passata di pomodoro e il decreto Balduzzi (13 settembre 2013) che alta al 20% la percentuale  minima di succo d’arancia presente nelle bibite come l’aranciata.
Tre norme che potrebbero contribuire a difendere le nostre produzioni. Senza dimenticare che la trasparenza sui cibi che si mangiano soddisfa un desiderio di chiarezza comune alla stragrande maggioranza dei consumatori. Ebbene, per motivi diversi, le tre leggi di cui parliamo rischiano di valere meno della carta su cui sono state scritte.
Nel primo caso, le etichette «parlanti» era previsto  che il ministro dell’Agricoltura, d’intesa con quello dello sviluppo, convocassero i tavoli delle diverse filiere: salumi, formaggi e latticini, pasta, carni e via dicendo. Mai accaduto. Quiando il Ddl è diventato legge Luca Zaia che ne fu il promotore aveva da tempo smesso di fare il ministro dell’Agricoltura per farsi eleggere alla carica di governatore del Veneto. I suoi successori si sono ben guardati dal convocare alcun tavolo di filiera. Eppure la legge è tuttora in vigore.
Ancor più strano il caso del decreto sulle «etichettone», come battezzai a suo tempo le nuove etichette con una misura minima di caratteri per indicare l’origine del prodotto. Il titolare del Mipaaf dell’epoca, Francesco Saverio Romano (a proposito: che fine ha fatto?), dopo ave apposto la firma al decreto – era il 3 giugno 2011 –  si affrettò a dichiarare: «Questo decreto metterà tutti i consumatori nelle condizioni di sapere quello che comprano. Almeno per quanto riguarda i prodotti per i quali è già obbligatoria l’indicazione d’origine in etichetta. È stato uno dei primi impegni che ho preso quando ho assunto l’incarico di Ministro e sono fiero di aver portato a casa questo risultato». Decreto firmato l’8 giugno 2011 ma mai pubblicato sulla Gazzetta ufficiale.
Il Decreto salute del ministro Balduzzi, ben più recente rispetto agli altri due, rischia di non diventare mai efficace nella parte che riguarda la soglia minima di vero succo d’arancia da impiegare nelle bibite. Con una procedura mai seguita finora da alcun governo, l’esecutivo dei professori subordina l’entrata in vigore della norma a un via libera preventivo della Commissione europea. Basta che Bruxelles non ci risponda, come accadrà probabilmente, e dovremo accontentarci del 12% di vera spremuta d’agrumi, come prevede la legge attuale. Con un impatto enorme sull’agrumicoltura italiana, da decenni sull’orlo della bancarotta.
So che sono centinaia le leggi approvate e dimenticate.  Su queste, però, si gioca il futuro del vero made in Italy alimentare. Ecco perché è importante chiedersi: ma che fine hanno fatto?

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