Così una filiera alimentare diventa un potente strumento di promozione per il Made in Italy

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Alcuni internauti che frequentano abitualmente Etichettopoli mi hanno scritto domandandomi chiarimenti sulla “interprofessione”, una struttura volta alla promozione della carne italiana di cui ho parlato in un precedente post. Per promuovere il marchio della vera carne Made in Italy, scrivevo a proposito dell’iniziativa annunciata dal Consorzio L’Italia Zootecnica guidato da Fabiano Barbisan, basterebbe un accordo di filiera (quello che nel gergo viene definito appunto “interprofessione”) fra allevatori, intermediari, macellatori e distribuzione: pochi centesimi a capo versati ad ogni passaggio sarebbero sufficienti a racimolare i milioni di euro necessari per finanziare campagne promozionai che insegnino al consumatore a cercare, nei punti vendita, le bistecche o gli spezzatini Made in Italy.
Il meccanismo della interprofessione è già applicato in Francia da Interbev, un organismo che rappresenta l’intera filiera nazionale delle carni. In effetti è sufficiente accantonare un centesimo al chilo per ogni vitellone italiano per racimolare 11 milioni e mezzo di euro. L’obiettivo della interprofessione italiana è quello di promuovere il “vitellone ai cereali Sigillo italiano” e valorizzare la vera carne Made in Italy. Per gli allevatori si tratta di vita o di morte: le importazioni di bovini a basso costo dall’Est Europa hanno fatto crollare le quotazioni all’ingrosso. E a luglio per ogni capo italiano venduto ci rimettevano fino a 150 euro.

In realtà il sistema dell’interprofessione è applicabile a tutte le filiere, a cominciare da quelle dei prodotti Dop, anche se su scala più ridotta. Un’idea che potrebbe rilanciare i molti consorzi in crisi d’identità e di vendite. E permettere loro di contrastare l’agguerrita concorrenza dei prodotti industriali che spesso, nonostante il nome italiano e una lunga storia imprenditoriale alle spalle, di Made in Italy hanno soltanto la confezione. E forse neppure quella.
Per esplicitare il meccanismo attraverso il quale l’interprofessione consente di accumulare la massa finanziaria critica necessaria a investire in pubblicità e promozione ho “saccheggiato” il documento presentato dal consorzio L’Italia Zootecnica al ministero delle Politiche Agricole. Con alcune diapositive del file PowerPoint ho fatto un collage che pubblico qui a fianco in formato Jpg. Vale la pena di dargli un’occhiata. 
Certo, i progetti di filiera come questo richiedono una collaborazione stretta da parte di tutte le componenti. Ma come dimostrano i risultati ottenuti in Francia da Interbev riescono a orientare i consumatori e valorizzare le produzioni nazionali. Un indubbio vantaggio per chi acquista che può sapere da dove arriva quanto sta per mettere nel carrello della spesa. Ma un altrettanto importante vantaggio per i produttori. Rendere riconoscibile il vero Made in Italy a tavola significa aiutare la sostenibilità sociale delle nostre filiere. E scongiurare lo svuotamento delle campagne e delle stalle. Una prospettiva che la globalizzazione purtroppo rende sempre più concreta.

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