Dai lager cinesi alla nostra tavola

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Concentrato di pomodoro, funghi, ma anche latticini e cereali grezzi e semilavorati: l’import alimentare dalla Cina cresce annualmente nelle diverse merceologie al rimo di almeno il 50%. Lo scorso anno, per esempio, abbiamo acquistato dai cinesi 114.544.020 chilogrammi di triplo concentrato di pomodoro. Nel 2009 eravamo a quota 75.400.000. Secondo l’industria delle conserve si tratta di prodotto che ci limitiamo a lavorare in Italia e riesportiamo poi interamente verso il mercato africano. Peccato che proprio lo scorso anno siano stati sequestrati 931mila barattoli destinati al nostro mercato di consumo ma etichettati come pomodori italiani. E l’industria del falso non si ferma a sughi e passate. Senza contare che le frodi accertate riguardano una parte di quanto viene trasformato nel nostro Paese: è materialmente impossibile controllare tutte le partite di cibi che finiscono nei punti vendita e poi sulle nostre tavole.
Ma cosa arriva ogni anno dal “gigante rosso”? E, soprattutto: come vengono confezionati i cibi che vi si producono? Come mai costano così poco? Chi li lavora?
Lunedì prossimo, a Roma, a Palazzo Rospigliosi, sede nazionale della Coldiretti (ore 10,30) sarà presentato il primo rapporto “Dai lager cinesi alle nostre tavole” sulle importazioni dalla Cina di prodotti agroalimentari ottenuti nei campi di lavoro forzato, i laogai. L’argomento è triste e, lo ammetto, molto respingente. Se ne parla poco in tivù e sui giornali perché c’è il rischio che quanti ascoltano o leggono cambino canale o comprino un altro quotidiano. Ma ho deciso di farlo lo stesso. Per le centinaia di migliaia di internati nei 259 laogai attivi nel territorio della Repubblica Popolare Cinese e perché sarebbe sbagliato fingere di non sapere. Senza contare i problemi sociali, economici e di salute pubblica posti da questi prodotti. Da noi come in Cina.
Non conosco ancora i contenuti del rapporto ma gli internauti che frequentano Etichettopoli possono star sicuri: ne darò conto dettagliatamente lunedì.

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