È grazie alle etichette reticenti (volute dall’industria) che mangiamo le lasagne di cavallo

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Alla fine lo scandalo delle lasagne Findus alla carne di cavallo ha assunto una dimensione europea. 

Le indagini condotte in Gran Bretagna e Francia hanno permesso di ricostruire una ragnatela di passaggi che portavano dalla Romania – Paese da cui proveniva la carne di cavallo congelata – alle fabbriche in Francia e Lussemburgo. La materia prima per confezionare le «Beef Lasagne» della multinazionale svedese seguiva in reealtà un percorso assai tortuoso. Un esempio di come una filiera produttiva possa essere lunghissima, opaca e sfuggire a qualunque genere di controllo. Già, perché secondo le ultime ricostruzioni la Findus era rifornita da una società con sede nel nord-est della Francia, la Comigel, che produce prodotti simili per fornitori e distributori di cibo in sedici paesi della Ue. I prodotti Findus contenenti carne di cavallo scoperti in Gran Bretagna provenivano da una fabbrica della Comigel in Lussemburgo. La Comigel a sua volta era rifornita dalla carne proveniente da un’azienda del sud della Francia, la Spanghero, la cui società madre si chiama Poujol. La Poujol ha acquistato la carne congelata da un’azienda di commercializzazione di Cipro, che ha subappaltato l’ordinazione ad una società olandese. Quest’ultima era rifornita da un mattatoio e una macelleria romena.
Ecco, questo è un’esempio di come il sistema produttivo che ha come terminale le nostre tavole faccia perno su un industrialismo spinto, in base al quale devono essere recisi tutti i legami fra l’industria di trasformazione e i territori. Le filiere corte, la tracciabilità, i prodotti a chilometri zero, sono visti come il male assoluto. Da avversare con ogni mezzo, anche facendosi scudo con le istituzioni europee. Commissione in primis senza dimenticare però il Consiglio della Ue.
A poco servono le rassicurazioni del commissario europeo alla Salute Tonio Borg, secondo il quale la presenza di carne di cavallo in prodotti presentati come contenenti carne bovina «è una questione di etichettatura» che al momento non investe la sicurezza alimentare: «non ci sono indicazioni che vi sia un rischio per la salute». Chissà perché, allora, le autorità francesi stanno conducendo una serie di controlli sulla carne equina per capire se contenesse o meno  un farmaco largamente utilizzato per i cavalli, il fenilbutazone, ritenuto pericoloso per gli esseri umani. 
La reazione dell’Unione europea è per ora soltanto di facciata: la riunione dei ministri agricoli in corso a Bruxelles oggi non dovrebbe produrre granché, tranne la raccomandazione di approfondire la materia nel prossimo Consiglio agricolo in programma per il 25 febbraio. Il resto è cronaca di uno scandalo che dopo aver investito Gran Bretagna e Francia, minaccia ora di allargarsi anche alla Germania. Grazie alle «etichette reticenti» volute dalla grande industria alimentare, l’Europa ha la sicurezza e la tracciabilità che si merita.

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2 COMMENTS

  1. il vero scandalo sta nel fatto che nessuno sta facendo notare che si tratta di un piatto italiano assemblato con porcherie di mezzo mondo ma che di italiano ha soltanto il nome.
    peccato che il consumatore inglese associerà la parola ” lasagne bolognesi ” alla porcheria Findus. nessuna speranza nelle istituzioni europee, l’unica strada è il sistematico boicottaggio dei prodotti di aziende che si comportano in questo modo. peccato che nussuno ha il coraggio di dire in televisione ” Findus, indovina cosa stai mangiando !!!! “

  2. I boicottaggi non funzionano. Basterebbe che il governo italiano non calasse le brache – come stanno facendo i Professori – di fronte ai poteri forti di Bruxelles. Servirebbe il coraggio di picchiare i pugni sul tavolo. O per lo meno di non fare danni come nel caso del «nostro» Antonio Tajani che con l’etichetta obbligatoria del «made in» provocherà guai incommensurabili al sistema produttivo italiano.

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