E’ guerra con la Cina sull’olio extravergine italiano. Ma chi trucca l’origine?

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L’olio italiano sta diventando un caso internazionale. La notizia è che la Cina, già proprio la Cina, ha chiesto garanzie sull’extravergine in arrivo dal nostro Paese. Pechino sospetta che molti brand etichettino olio importato e non solo di provenienza «comunitaria». Dietro la richiesta, decisamente inusuale per il Paese che si è distinto negli ultimi decenni per aver falsificato di tutto – dai giocattoli ai capi delle grandi griffe – ci sarebbero alcuni controlli effettuati dalle autorità doganali.
E c’è già chi da noi invoca vendetta su quanti, giornali e giornalisti, hanno sollevato da tempo il problema del finto olio italiano venduto dietro marchi italianissimi ma prodotto con olive di mezzo mondo, talvolta addirittura ammuffite. «Allarme Italia, si vuole affossare il comporto», titolava il 7 gennaio scorso Teatro Naturale, una delle maggiori risorse sul web dedicate al settore oleicolo. «Olio di oliva, le annunciazioni disinformanti che danneggiano l’economia», scriveva il 9, lunedì scorso, Vini e Sapori. Italiano a parte, il succo è questo: siamo dei pazzi, ci autodenunciamo e non possiamo scandalizzarci se poi all’estero cominciano ad avere dei dubbi sulla qualità dei nostri prodotti. Entrambi i siti non risparmiano critiche all’inchiesta sulla mafia dell’olio d’oliva pubblicata da Repubblica appena prima di Natale e curata dal collega Paolo Berizzi. Fin qui la polemica, nella quale non voglio avventurarmi, anche se ne avrei una gran voglia. Vi confesso solo che sono francamente amareggiato per il clima vagamente persecutorio che si sta creando nei confronti di chi ha il coraggio di raccontare quel che scopre. Non parlo tanto di Berizzi che non ha certo bisogno del sottoscritto per difendersi. Il problema è diverso: qualora dovesse emergere dalle indagini in corso curate da Carabinieri e Corpo Forestale che una parte dell’olio extravergine etichettato sotto brand italiani non solo non ha nulla a che vedere con le olive made in Italy ma arriva addirittura da Paesi extraeuropei, cosa si dovrebbe fare? Insabbiare tutto? Archiviare?
Basta fare un giro nei supermercati, i nostri supermercati, non quelli di Pechino, per capire quanto finto olio italiano c’è in giro. Questa prova l’ho fatta più o meno un anno fa: era il 20 gennaio dello scorso anno quando – indossati i panni del “Casalingo di Voghera” – ho acquistato tutte le marche di olio commericale disponibili nella Gdo della zona proprio per verificare l’origine dichiarata in etichetta. I risultati (li potete vedere a questo link) sono stati sconfortanti: otto brand, praticamente le marche più diffuse, aggiravano l’obbligo di indicare il Paese di coltivazione delle olive o di produzione dell’olio indicando genericamente: «ottenuto con oli extravergini comunitari».
Non occorre alcuna indagine di polizia per capire che questo olio è tutto fuorché italiano. E non possiamo scandalizzarci se un altro Paese ci contesta proprio l’origine del prodotto. In attesa di capire come finirà la guerra dell’extravergine ho deciso di rifare la prova etichetta sui prodotti più diffusi nel nostra Paese. Vi racconterò.

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