Ecco cos’hanno in comune l’olio Raineri e il Ford F-150

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Che cosa possono avere in comune il pick up Ford-150, il più venduto negli Stati Uniti e l’olio extravergine Raineri? In apparenza nulla. Ma pure appartenendo a due categorie merceologiche talmente diverse che più di così non si può, hanno nell’origine il punto forte. In verità l’extravergine Raineri ha fatto dell’italianità una ragione della propria esistenza e lo dichiara chiaramente in etichetta, mentre il veicolo Ford non sarebbe distinguibile quanto a tasso di originalità se non fosse per un’indice elaborato dalla Kogod School of Business. Ma andiamo con ordine. Partiamo dall’oro verde prodotto in quel di Chiusanico, provincia di Imperia, da uno storico marchio dell’industria oleicola nazionale, Raineri. Ecco cosa si può leggere sull’etichetta:

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Le etichette dell’olio extravergine Raineri

Cosa vuol dire 100% italianoi n Raineri
L’olio extravergine di oliva che confezioniamo, proviene dalla nostra azienda agricola e dal nostro territorio nazionale ed è tutto certificato 100%italiano.
Le bottiglie, i tappi, le etichette e i cartoni che utilizziamo sono prodotti in Italia.
Le macchine e le attrezzature che creano i nostri prodotti sono state costruite in Italia.
I trasporti dei nostri prodotti sono effettuati esclusivamente da corrieri italiani.
Il nostro stabilimento è in Italia e i nostri dipendenti hanno un contratto e pagano le tasse in Italia.
La proprietà di Raineri è italiana e risiede in Italia.
Ogni centesimo che pagate per acquistare uno dei nostri prodotti rimane in Italia

L’americanità del Ford F15, ancorché palese nello stile, non è altrettanto evidente nell’origine industriale del prodotto. A classificarlo però come il più made in America di tutti i veicoli venduti negli Usa è appunto la Kogod School of Business, di Washington, che ogni anno stila una classifica catalogando le quattro ruote in base a une serie di parametri: la sede della Casa produttrice e dello stabilimento di assemblaggio, la ricerca e sviluppo, la trasmissione, il motore, la carrozzeria, la scocca e via dicendo. Ecco comunque la tabella completa.

Tanta attenzione per l’origine di un bene strumentale non arriva a caso: negli Stati Uniti è in atto un gigantesco processo di reindustrializzazione. Negli anni dell’amministrazione Obama è tornato a casa il 20% del manifatturiero che era stato delocalizzato all’estero. E il fenomeno non è finito. L’intento del governo è semplice: creare nuovo lavoro (e ricchezza) sul territorio nazionale. Il milione e mezzo di posti generati dopo la fine della crisi arriva da qui.

Vale la pena di ricordare però che gli yankee sono fra i più grandi imitatori al mondo. Pronti a rivendicare l’americanità dei prodotti a cui tengono, non esitano a falsificare ad esempio formaggi e salumi europei per una cifra pari a 20 miliardi l’anno. Ma questo, purtroppo, è uno degli effetti «collaterali» dei sistemi capitalistici. A dettare le regole della concorrenza è sempre il più forte. Fino a quando non si scontra con il Putin di turno.

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