Etichette mute, complimenti per la trasmissione. All’Europa naturalmente

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Lunedì scorso, a Bruxelles, il Consiglio dell’Unione europea ha dato il via libera all’etichettatura d’origine per tutte le carni. Oltre a manzo e pollo (da noi era in vigore la tracciabilità da anni) ora bisognerà indicare l’oirigine su quelle di maiale e sulle ovicaprine. Un passo importante. Già. Peccato che per tutti gli altri alimenti Bruxelles abbia respinto la proposta di regolamento approvata a giugno 2010 dal Parlamento europeo. Se ne riparlerà fra tre anni, nel 2014. A partire da uno studio di fattibilità.
Che ne sarà allora della nostra legge approvata il 18 gennaio? Resterà inapplicata per almeno tre anni. I commissari europei Dalli (Salute) e Ciolos (Agricoltura) hanno già dato l’altolà, giudicando «inopportuna» l’iniziativa italiana in una lettera indirizzata al ministro Giancarlo Galan.
Ecco come viene descritta in alcuni blog la vicenda.
Blitzquotidiano: «Etichetta sulla carne, la Ue promuove la proposta italiana»
Helpconsumatori: «Via libera della Ue all’obbligo etichetta sulla carne»
Noiconsumatori: «Alimentare, passo avanti in Europa sull’etichettatura delle carni. Ma la strada è ancora lunga»
Conipiediperterra: «Si del Consiglio Ue all’origine in etichetta per tutte le carni»
Dailyblog: «Etichettatura d’origine carni, prima approvazione Ue. Approvata posizione comune Consiglio, ora torna a Europarlamento
Neewsfood: «Etichettatura obbligatoria per le carni suine, ovine, caprine e avicole!»
Virgilio Notizie: «Etichettatura d’origine carni, prima approvazione Ue»
Se si tratti di una “vittoria a metà” o di una “sconfitta a metà” ce lo dirà il tempo. Certo, in Italia la tracciabilità per le carni bovine e per il pollo c’era già. Incassiamo l’etichetta d’origine per maiale (tranne i salumi però), pecora e capra. Un po’ pochino onestamente, vista la posta in gioco.
I lettori di Etichettopoli sanno come la penso: ancora una volta la lobby della grande industria alimentare europea è riuscita a stoppare l’operazione trasparenza. Pensate ai formaggi, alle conserve, alla pasta. Ma anche al riso, i legumi, le merendine, il latte a lunga conservazione. Dobbiamo rassegnarci, per esempio, a non sapere che fine fanno i 19 milioni di cosce di maiale importate da Germania e Olanda che mangiamo ogni anno sotto forma di “italianissimo” prosciutto e i 160 milioni di litri di concentrato di pomodoro cinese con cui condiamo gli spaghetti. A loro volta fatti con il grano ucraino. E che dire poi della bresaola valtellinese ottenuta dalla carne di zebù brasiliano?
Come direbbe il collega e amico Francesco Specchia: «Complimenti per la trasmissione». All’Europa naturalmente.

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