L’extravergine tarocco si può scoprire col test del Dna. Cosa aspettiamo?

0
1620

Il futuro del’olio extravergine d’oliva italiano, quello vero, è nel Dna. Già oggi è possibile tracciarne l’impronta genetica e distinguere quello tarocco dall’originale. Con esami di laboratorio a costi più che contenuti, si parla di 100 euro, si può capire se l’oro verde commercializzato è effettivamente un extravergine, come è stato franto e a quali ceppi oleari appartengono le olive. In pratica se gli ulivi che le hanno prodotte sono italiani, spagnoli, tunisini, egiziani oppure turchi. Basta volerlo. Il know how scientifico e tecnologico è già disponibile. E contrariamente a quanto sostiene l’industria, non costa un capitale.

pianta-dnaDopo lo scandalo delle sette etichette di extravergine indagate dalle procure di Genova, Firenze, Spoleto e Velletri (ecco il link per saperne di più) l’industria chiede esami di laboratorio che confermino i risultati dei panel test condotti dagli assaggiatori ufficiali. E proprio sulla discussione seguita a questa richiesta si sono per ora arenati gli approfondimenti. Ma non c’è bisogno d’inventare nulla: i ricercatori del Cnr hanno già messo a punto per lo meno due metodi che consentono di stabilire con certezza matematica qualità e origine. A curare i due progetti di ricerca sono stati altrettanti istituti del Consiglio nazionale delle ricerche. Il primo si è svolto a Pisa, presso l’Istituto per i processi chimico fisici, il secondo a Bari, all’Istituto di bioscienze e bioricerche. Nel primo caso i ricercatori hanno messo a punto un processo che attraverso un esame calorimetrico con cui si scalda una goccia di olio, consente di definire un’impronta genetica. Il raffronto con l’impronta dell’extravergine dichiarato permette di smascherare eventuali frodi. Si può accertare, ad esempio, se si tratti di olio vergine, oppure se la confezione contenga olio di semi. Raffrontando l’impronta del campione con quella delle cultivar di ulivo diffuse in Italia è possibile anche accertare se si tratti di un prodotto nazionale oppure importato.

Una metodica alternativa è quella della tracciabilità molecolare, sviluppata dall’Ibbr di Bari e basata sui marcatori e sulle sequenze genetiche dei ceppi di ulivo. Anche in questo caso, il confronto fra le varietà più diffuse nel bacino del Mediterraneo, permette di risalire con precisione all’origine della materia prima. Da quel che mi risulta il Ministero delle Politiche Agricole aveva quantificato in 900mila euro il costo per realizzare la banca dati varietale con cui raffrontare i campioni sottoposti ad analisi. 

Ma oltre all’esame sull’acido Desossiribonucleico, il Dna appunto, è disponibile pure il test con la Risonanza magnetica messo a punto dal Dipartimento di scienze biologiche dell’Università del Salento (ecco la documentazione presentata alla recente giornata dell’extravergine in Puglia). Una metodica a basso costo e facilmente riproducibile che oltretutto non richiede alcuna manipolazione del campione. Basta poco, dunque, per mettere in campo le tecniche di analisi capaci di smascherare i furbetti dell’extravergine. Cosa aspettiamo?

(Post aggiornato il 3 dicembre 2015)
Print Friendly, PDF & Email

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here