Extravergine tarocco: quasi un milione di multa a Coricelli, Lidl e Carapelli

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Quasi un milione di euro: a tanto ammonta la multa comminata dall’Antitrust a tre produttori di olio per «comunicazione ingannevole». L’extravergine non sarebbe stato extravergine, ma semplicemente olio vergine d’oliva. In pratica extravergine tarocco. Il procedimento aperto lo scorso anno dall’Authority riguardava diversi marchi coinvolti in un’inchiesta aperta dalla Procura di Torino dopo la denuncia della rivista Test. La sanzione maggiore è toccata alla catena tedesca della grande distribuzione Lidl per l’olio Primadonna, con 550.000 euro di multa. Coricelli ne prende 100.000, mentre a Carapelli Firenze, controllata italiana del colosso anglo-spagnolo Deoleo, toccano 300.000 euro di ammenda. Nella tabella i marchi coinvolti.Multe antitrust

L’Antitrust ha accettato come prova regina il giudizio degli assaggiatori professionisti dei panel test, organismi previsti sia dalla normativa italiana sia da quella comunitaria, mentre ha respinto le controanalisi presentate dai produttori.

E sempre a proposito di extravergine tarocco, da quel che mi risulta, lo stabilimento Carapelli di Inveruno – l’altro è a Tavarnelle Val di Pesa – sta lavorando soprattutto per sostituire l’olio venduto negli Stati Uniti per lo stesso motivo: secondo i test condotti dalle autorità americane sarebbe stato vergine e non extravergine. Nuove etichette, ma soprattutto nuove bottiglie di vetro scuro, per evitare che il prodotto si deteriori col passare del tempo. Comunicazioni ufficiali da parte della Deoleo non ci sono ma con tutta probabilità il gruppo sta cercando di alleggerire la propria posizione nelle due class action ammesse da altrettanti tribunali federali. Oltre alla qualità del prodotto i magistrati Usa hanno accettato il ricorso in massa di cittadini americani convinti di comperare un olio italiano, mentre l’origine – scritta a caratteri piccoli nel retro della bottiglia – era made in Ue.

L’Antitrust ha scagionato invece la De Cecco: «Non emergono elementi tali da supportare l’ipotesi – si legge nella pronuncia – che siano state pubblicizzate con l’indicazione di “olio extravergine” partite di olio che non ne avevano invece i requisiti».

 

 

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