Falsi formaggi italiani esposti all’Anuga di Colonia, alleata di Cibus e Federalimentare

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La notizia è di quelle per cui nessuno farebbe a pugni nelle edicole per accaparrarsi i giornali che la pubblicano: all’Anuga di Colonia, la più importante fiera mondiale dedicata ai prodotti alimentari, sono stati scoperti falsi formaggi italiani, Parmigiano Reggiano, Pecorino e Asiago. E i consorzi di tutela hanno ottenuto il sequestro dei tarocchi esposti in bella mostra in diversi stand. Ne riferisce con ampiezza di particolari l’Ansa che pubblica pure una foto dei falsi, su cui però sono stati oscurati i brand dei taroccatori. I sequestri, oramai non si contano più. Ed è un po’ come la storia del cane che morsica un uomo: la vera notizia ci sarebbe se dovesse accadere il contrario. Semmai c’è da chiedersi perché le autorità tedesche si siano mosse soltanto dopo una denuncia dei tre consorzi di tutela delle Dop copiate, fra l’altro, da un’azienda statunitense. In base alle norme comunitarie la difesa delle Denominazioni di origine protetta deve scattare ex officio in tutti i Paesi della Ue. Vale a dire senza un esposto di parte. Ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano.
COINCIDENZA IMBARAZZANTE. A preoccupare è una coincidenza a dir poco imbarazzate per i protagonisti di un annuncio arrivato poche ore prima del sequestro alla Koelnmesse. La Fiera di Colonia, secondo polo espositivo al mondo, Fiere di Parma e Ucima (Costruttori italiani macchine per il confezionamento e l’imballaggio) hanno siglato «un accordo strategico» destinato a ridefinire la geografia delle manifestazioni dedicate alle tecnologie per il settore alimentare. Questo il senso dell’annuncio giunto da Parma. Dalla partnership nascerà una piattaforma strategica internazionale comune che coinvolgerà Anuga Food Tec, la più importante rassegna mondiale delle tecnologie per l’industria alimentare, Cibus Tec, storica rassegna che da 70 anni porta a Parma il meglio delle tecnologie meccano-alimentari, e Food Pack, la joint venture fresca di costituzione tra Fiera di Parma e Ucima. Uno squadrone destinato a sbaragliare sul campo la concorrenza degli altri poli fieristici europei ed extraeuropei.
POLITICA INDUSTRIALE. Ma se è vero che le fiere sono un potente strumento di politica industriale per i settori che le alimentano – la definizione non è mia ma del presidente di una nota rassegna sull’alimentare – di quale politica stiamo parlando? Forse di quella del tarocco? E fa bene a sottolineare la gravità di quanto è accaduto all’Anuga 2013 il consigliere Incaricato di Federalimentare per l’Internazionalizzazione Luigi Scordamaglia quando stigmatizza in un comunicato «la presenza [a Colonia] di stand e prodotti che utilizzano la bandiera italiana ma non hanno nulla a che fare con noi». E ha ragionissima, Scordamaglia,  quando se la prende con i tedeschi: «la cosa più inaccettabile è che spesso si tratta di operatori appartenenti a paesi dell’Unione europea le cui regole sull’informazione ingannevole al consumatore dovrebbero essere uguali per tutti offrendo uno stesso livello di tutela sul territorio comunitario».
UN DETTAGLIO. C’è però un piccolo dettaglio che dimentica: Cibus, uno dei protagonisti dell’accordo strategico annunciato ieri, è di proprietà al 50% della Fiera di Parma e per il 50% rimanente proprio di Federalimentare. Prima di scegliersi i compagni di strada – e questo vale sia per la Confindustria del cibo sia per l’ente fieristico emiliano guidato dal vulcanico e informalissimo Antonio Cellie – è bene verificare che idea abbiano sui prodotti made in Italy e sulla loro tutela. Già, perché se cominciamo a chiudere un occhio perfino sulle Dop, figuriamoci su tutto il resto. Senza contare che il patto con Colonia potrebbe rivelarsi per Parma un abbraccio mortale. I tedeschi scontano tuttora, a tavola, un evento bellico risalente all’anno 9 d.C., quando nella battaglia della selva di Teutoburgo le tribù germaniche guidate da Arminio, capo dei Cheruschi, annientarono le legioni romane. La storia seguente alla disfatta di Publio Quintilio Varo è nota: Roma stabilì sul Reno il proprio confine settentrionale e lì si fermò la civiltà. Pure quella alimentare. Ora rischiamo di venir colonizzati dai gusti barbari degli eredi di Arminio. Un’operazione che non riuscì neppure al Terzo Reich.Merkel
NEOCOLONIALISMO. Né ha senso pensare che i tedeschi agiscano (e pensino) diversamente, quando ci impongono condizioni vessatorie nella gestione della finanza pubblica per avvantaggiare il loro manifatturiero, da quando sottoscrivono con noi accordi per organizzare assieme fiere alimentari. Sono sempre gli stessi campioni del neocolonialismo economico che ha trovato nella cancelliera Merkel una grande timoniera. Chi pensate che abbia spinto la commissione Ue a bocciare le nostre ultime leggi in difesa del made in Italy?

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