Francia e Finlandia ci fregano: sì alle etichette col semaforo

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Il fronte del no alle etichette col semaforo introdotte dalla Gran Bretagna si è frantumato. La scorsa settimana Francia e Finlandia hanno annunciato di voler introdurre pure loro l’etichettatura anti grassi. Londra l’ha adottata sul finire dello scorso anno per combattere – questo l’obiettivo dichiarato – l’obesità. I sudditi di Sua Maestà, infatti, in 66 casi su 100 sono in sovrappeso. In realtà l”impiego dei semafori finisce per penalizzare fortemente i campioni del made in Italy a tavola, a cominciare da formaggi e salumi Dop.

Il sistema inglese utilizza un codice a colori, definito appunto «traffic light», che classifica la quantità di sale, zuccheri e grassi presenti in ciascun prodotto alimentare. Se il contenuto supera una certa soglia scatta il colore rosso. Può accadere però che un formaggio Dop a pasta dura di grande qualità (non faccio nomi per evitare polemiche) prenda tutti i semafori rossi, mentre una imitazione ottenuta con cagliata di latte surgelata venga promossa a pieni voti. Fino alla scorsa settimana l’Italia aveva invocato l’apertura di una procedura d’infrazione nei confronti di Londra: in effetti il sistema rischia di creare asimmetrie di mercato e alla fine altera la concorrenza. I nostri politici davano per scontato che, tranne la Germania, sempre molto tiepida quando si tratta di difendere il made in Italy, gli altri Paesi si sarebbero schierati con noi e contro i semafori nutrizionali degli inglesi. Così non sarà, anzi: se proprio la Francia che ha nei formaggi di qualità la punta di diamante del proprio agroalimentare, scende in campo con i britannici, è segno che possiamo rinunciare a combatterla questa battaglia. Tanto è persa in partenza.food-traffic-light

Ma perché mai Parigi dovrebbe adottare una tattica chiaramente autolesionista? E poi, perché questo dietrofront  improvviso, visto che fino a questa primavera la delegazione d’Oltralpe a Bruxelles era pronta a spalleggiarci? Passi per i finlandesi che oramai parlano e si muovono in loco parentis. Sono cioè il braccio armato della cancelliera Angela Merkel. Ma Parigi perché? La risposta sta probabilmente nella trattativa estenuante per concedere al presidente Francois Hollande più tempo per rimettere sul binario la disastrata economia francese. La cancelliera ha mollato  (un po’, di quel tanto che basta), i cordoni della borsa. In cambio la Francia non deve rompere le scatole sulle etichette a semaforo inglesi. Anzi, per tagliare la testa al toro, le deve chiedere pure lei!

E così è stato. Ora per noi le cose si complicano maledettamente. Immaginatevi cosa sarebbe potuto accadere se alla vigilia della seconda guerra mondiale avessimo avuto contro Gran Bretagna, Francia e Germania assieme. Fatte le debite differenze (qui non si tratta di sparare a nessuno, le armi sono economiche e finanziarie) abbiamo perso in partenza. Un altro duro colpo al made in Italy a tavola. Sarà pur vero che da gennaio ad aprile di quest’anno l’export di formaggi italiani verso la Gran Bretagna è cresciuto in volume del 7,8% (dati Assolatte), ma gli effetti delle etichette «nutrizionali» si misurano nel tempo. Basta una campagna di comunicazione in cui si inviti ad evitare i prodotti con troppi semafori rossi e la tendenza si può invertire. Definitivamente.

Intanto anche altri Paesi al di fuori dell’Europa hanno sposato i semafori alimentari. La Nuova Zelanda ha adottato un sistema che assegna dei «rating» nutrizionali ai diversi cibi, mentre l’Ecuador ha copiato i semafori inglesi.

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