Gli Usa bloccano alla frontiera prosciutti e salami made in Italy

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Grande successo, gli Stati Uniti hanno tolto le barriere che impedivano l’importazione di salumi italiani. E in effetti in poco tempo, grazie a una serie di accordi bilaterali, gli Usa hanno fatto cadere uno dopo l’altro i vincoli che ci impedivano di esportare Oltreoceano prosciutti, salami, coppe e cotechini. E quel mercato è diventato il primo, per importanza, al di fuori dell’Unione europea. Soltanto nel 2012 abbiamo esportato in America 5.890 tonnellate di salumi (+21,5% rispetto al 2011) con  un controvalore di 68,1 milioni di euro, in crescita addirittura del 29,7%. Ma la festa è finita quasi subito. Come fa sapere l’Assica, la Confindustria delle carni, dallo scorso mese di settembre le autorità americane hanno disposto il controllo sistematico di tutte le partite in arrivo dall’Italia, come si dice nel gergo, «100% reinspection» con il prelievo di campioni per analisi microbiologiche su ogni carico sbarcato nei porti Usa «Come conseguenza», spiega l’Assica, «le partite di prodotti stazionano anche per diverse settimane ne magazzini della dogana prima di essere campionate e analizzate. Le spese di deposito sono ingentissime e calcolate su base giornaliera: gli attuali tempi di attesa comportano per ogni container di prodotto esportato maggiorazioni di spesa per diverse migliaia di dollari, rendendo nei fatti antieconomico l’invio di salumi e prosciutti negli Usa».
L’irrigidimento alla frontiera è dovuto in buona parte al quasi inevitabile congelamento nelle trattative per l’accordo commerciale Usa-Ue, finito sul binario morto dopo lo scandalo delle intercettazioni con cui i servizi americani ascoltavano perfino le telefonate dei capi di governo europei. Il problema, tanto per cambiare, è politico. Toc-toc… Letta, Lorenzin, ci siete?

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