Hanno vinto le lobby del Nord Europa: d’ora in poi sarà bistecca selvaggia

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Il Parlamento europeo cancella l’etichetta trasparente sulle carni bovine. Con i voti determinanti di 8 deputati italiani.

Grandissima tristezza: il Parlamento europeo ha detto sì all’abolizione dell’etichetta facoltativa per le carni bovine. La decisione fa ancora più male se si pensa che i sì hanno prevalso sui no con 8 voti di scarto, 333 a 325. E sono stati proprio 8 gli eurodeputati italiani che si sono espressi a favore della proposta di cancellare la tracciabilità completa. Quando il provvedimento entrerà in vigore (resta un passaggio al Consiglio della Ue ma dovrebbe essere pura formalità) chiunque potrà scrivere sull’etichetta le cose più fantasiose: in assenza di una legislazione in materia (quella cancellata dal’assemblea di Strasburgo) non ci saranno più controlli. Gli 8 della bistecca selvaggia, gli eurodeputati che si sono espressi a favore del provvedimento sponsorizzato dalle grandi lobby della carne tedesche, inglesi e olandesi, sono tutti del Partito polare europeo: Alfredo Antoniozzi (Pdl), Raffaele Baldassarre (Pdl), Vito Bonsignore (Pdl e vicepresidente del Ppe), Carlo Casini (Udc), Herbert Dorfmann (Südtiroler Volkspartei), Salvatore Iacolino (Pdl), Erminia Mazzoni (Pdl), Aldo Patricello (Pdl). Su Libero li abbiamo definiti «traditori». La Mazzoni in una nota parecchio stizzita ha fatto presente di essersi sbagliata a votare sì. Bonsignore ha mandato una lettera (firmandola assieme ad Antoniozzi, Baldassarre e Patricello) in cui chiede di «rettificare alcune inesattezze» nel pezzo con cui ho denunciato l’intera vicenda. In realtà non smentisce nulla, ma rovescia le responsabilità sugli allevatori colpevoli di fornire «prodotti di nicchia, ma a prezzi eccessivi, che non hanno una reale giustificazione con i costi di produzione». Sono imbarazzato io stesso a trascrivere questa affermazione. Il consiglio che mi sento di dare a Bonsignore & C e semplice: provi a consultare un qualunque listino pubblicato dalle Borse merci italiane e si accorgerà che le quotazioni dei bovini alla stalla sono ferme a 25 anni fa. Altro che prezzi eccessivi!
Nella medesima missiva il deputato Pdl liquida l’etichetta facoltativa dicendo che venne introdotta nel 1997 e confermata nel 2000 «per dare maggiore sicurezza psicologica ai consumatori». Scordandosi però di chiarire a cosa servisse questa «sicurezza psicologica». Erano gli anni dell’epidemia di Bse, la «mucca pazza». L’encefalopatia spongiforme bovina stava mietendo vittime in tutta Europa (alla fine furono oltre 2.000), riducendo la materia grigia dei poveracci che avevano mangiato carne infetta a una specie di spugna informe. L’etichettatura facoltativa assolse a un compito delicato e importante: ridare fiducia ai consumatori che diffidavano delle bistecche come se si trattasse di provette contenenti i virus della guerra batteriologica.
Puerile anche la scusa, invocata sempre da Bonsignore, del taglio ai costi, quando sostiene di «lottare contro la eccessiva burocrazia, cercare di ridurre i costi e tutelare i veri interessi dei consumatori». Per stessa ammissione della Commissione europea l’intero sistema dell’etichettatura volontaria genera un onere diretto pari a 360.000 euro. Da spalmare sui 27 Paesi dell’Unione. Ben 13.333,33 euro per ogni Stato!  Semplicemente ridicolo. Caro Bonsignore, ne inventi un’altra…

Purtroppo la partita non è finita qui. Bruxelles sta manovrando per reintrodurre le farine animali nell’alimentazione bovina. Quelle stesse farine che tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del decennio successivo, funzionarono da vettore per diffondere la Bse. Con l’etichetta facoltativa gli allevatori onesti avrebbero potuto dichiarare che i loro capi non vengono alimentati con farine animali (o con mangimi a base di Ogm, vale a dire cereali transgenici). Ora non più. E siccome la Commissione Ue si è riservata la facoltà di stilare l’elenco delle informazioni che si potranno scrivere sul cartellino, c’è da scommettere che queste non ne faranno parte.
E’ accaduta una cosa simile con il tessile e l’abbigliamento made in Italy, quando Bruxelles ci impedì di etichettarlo come «fatto in Italia» con la scusa che avrebbe alterato la concorrenza.
Mi chiedo se a quel punto gli otto della bistecca selvaggia avranno ancora qualcosa da dire. Sempre ammesso che, con l’aria che tira, siedano ancora sui banchi del Parlamento europeo.

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