Il batterio killer e gli hamburger di origine sconosciuta: chi ci guadagna con le etichette reticenti

0
393

Gli hamburger francesi sequestrati in Italia dopo il ricovero d’urgenza di sette bimbi nella regione dell’Oise (uno è molto grave) erano privi di etichetta. La partita bloccata dai Carabinieri a Verona – in tutto 1.500 confezioni di hamburger e 4mila di polpette – della marca Steaks Country non avevano alcun cartellino che indicasse l’origine. A differenza della carne fresca, quella messa in commercio con l’aggiunta anche di un solo ingrediente (per esempio qualsiasi spezia o il pane grattugiato, può recare soltanto l’indicazione dello stabilimento in cui è stata lavorata. Nulla sulla provenienza degli animali o sull’allevamento. Per fortuna il nosrto sistema si allerta sanitaria – uno dei migliori al mondo – è entrato subito in funzione. Dopo lo stop del ministro della Salute Ferruccio Fazio sono bastate poche ore per individuare gli hamburger sospetti e bloccarli.
Non so dirvi quali saranno gli esiti degli esami di laboratorio sulla partita sequestrata dai Nas. Di certo la stessa carne, in Francia, conteneva una della tante varianti del batterio Escherichia coli, colpevole di aver ucciso in Germania, nel giro di un mese, quasi quaranta persone. Dopo i cetrioli (poi scagionati), i germogli di soia e di altri legumi, ora sono le polpette a fare paura. E non mi meraviglierei se nel giro di qualche giorno i produttori di hamburger industriali dovessero lamentare un brusco calo nelle vendite. Il motivo? Quando la vera origine degli alimenti non è leggibile chiaramente in etichetta, i consumatori hanno tutte le ragioni a dubitare sulla loro provenienza. Smettendo di acquistarli. Così però, di allarme in allarme, si rischia di mettere in ginocchio l’intero comparto alimentare, uno dei pochi che hanno retto l’urto della crisi e prodotto posti di lavoro.
Domanda semplice semplice: non è meglio a questo punto, introdurre per tutti i cibi la tracciabilità assoluta? Lo hanno chiesto ieri diverse organizzazioni di produttori, Coldiretti in testa. Con le etichette “parlanti” per lo meno si circoscriverebbe l’allarme, limitando i danni a una zona geografica ben definita.
Mi viene un sospetto. Visto che a opporsi, in Europa, alla tracciabilità sono soprattutto i produttori tedeschi, non è che hanno una coda di paglia così grossa da temer di finire per lungo tempo sulla lista dei “cattivi”?  Il sospetto è legittimo. Solo negli ultimi sei mesi, fra batterio killer, uova e maiali alla diossina, hanno provocato uno sconquasso nell’agroalimentare europeo. E pure sulle nostre tavole. Cosa aspettiamo a fermarli? E’ tempo che i signori delle etichette reticenti e i loro sodali a Bruxelles, siano indotti a uscire allo scoperto. C’è un’istituzione che ha il potere per farlo: il Parlamento europeo. Mai momento è stato più propizio come questo per riaprire il dossier sull’etichettatura d’origine.

Print Friendly, PDF & Email

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here