Il made in Italy fatto all’estero? Basta che rispetti il disciplinare…

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«L’italian sounding, cioè la contraffazione dei prodotti italiani, è un fenomeno su cui si sta facendo ancora troppo poco», ha detto Francesco Mutti, amministratore delegato dell’industria conserviera di famiglia, che ha aggiunto: «è possibile produrre prodotti italiani all’estero purché siano rispettati i disciplinari ed i criteri del saper fare italiano».
Al Cibus Global Forum di Parma è emersa l’ultima novità in materia di negazione dell’originalità dei prodotti italiani. Le imitazioni, i tarocchi realizzati all’estero da stranieri vanno colpiti. Se invece è un italiano a produrre fuori dal nostro Paese va bene. Basta che rispetti il «disciplinare» e il «saper fare italiano».
Se questa è la visione con cui l’industria alimentare pensa di affrontare le questioni dell’origine e della tracciabilità dei prodotti italiani, vale la pena di aggiornare i disciplinari delle Dop (Denominazioni d’origine protetta), inserendovi i luoghi, all’estero, dove i nostri connazionali delocalizzano le produzioni. In alternativa, si può anche prendere tutti i disciplinari dei Consorzi Dop e buttarli nel cestino. È questo che vuole l’industria?

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