Via libera dell’Europa all’olio tunisino. E i taroccatori festeggiano

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Bruxelles cancella i dazi: ora la Tunisia può inondare il nostro mercato con 91.700 tonnellate l’anno di extravergine venduto come italiano

Breve riassunto dei fatti: lunedì 25 gennaio 2016 la Commissione commercio internazionale del Parlamento europeo approva l’abbattimento dei dazi sulle importazioni di olio extravergine tunisino. I sì stravincono 31 a 7. Incidentalmente segnalo che a votare favorevolmente sono anche i due europarlamentari del Partito democratico presenti: Alessia Mosca e Goffredo Bettini. Mentre gli altri sei (Matteo Salvini, David Borrelli, Salvatore Cicu, Eleonora Forenza, Tiziana Beghin e Ignazio Corrao) hanno detto no. A votazione appena avvenuta il portavoce del ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina minimizzava: «Stiamo parlando di una quota infinitesimale», mi ha scritto riferendosi alle 70.000 tonnellate di extravergine a dazio zero che arriveranno da Tunisi nel 2016 e nel 2017. Così non è, purtroppo. L’Europa importa dal 1998, nell’ambito del trattato Euromed, 56.700 tonnellate l’anno di olio tunisino senza tariffe doganali. A queste si devono aggiungere ora le 35.000 che arriveranno quest’anno e il prossimo. E visto che la matematica non è un’opinione 56.700 più 35.000, fanno in tutto 91.700 tonnellate. Che rappresentano il 27,78% della produzione italiana.

Questione di etichetta

Prevengo l’obiezione dei soliti mercatisti: la stragrande maggioranza dell’extravergine tunisino arriverà in Italia e Spagna che sono i paesi leader in Europa e nel mondo nella produzione e nel confezionamento di oro verde. Se quest’olio fosse facilmente riconoscibile sui banconi del supermercato come un prodotto d’importazione non ci sarebbe nulla da dire. Purtroppo non sarà così: nonostante l’import sia più o meno equivalente alla produzione nazionale – 350mila tonnellate contro le nostre 330mila – solo il 5% delle bottiglie in commercio reca come origine: olio extravergine non originario dell’Unione europea. Che fine fa, dunque, il restante 45% che arriva ogni anno da fuori? In buona parte viene confezionato con marche italiane e finisce all’estero, ma una quota non trascurabile arriva sulle nostre tavole. Sotto forma di falso olio made in Italy.

Le inchieste in Usa e Pugliagrafico-olio-extravergine-tunisia

A dimostrare che le cose funzionino proprio in questo modo ci sono gli ultimi scandali in ordine di tempo scoppiati negli Stati Uniti e in Puglia. Dopo che una corte federale americana ha accettato la class action dei consumatori contro alcuni marchi storici dell’extravergine italiano, accusati di vendere oliaccio negli States, gli stabilimenti di produzione nello Stivale stanno lavorando a pieno ritmo da mesi per sostituirlo con extravergine degno di questo nome. E la scorsa settimana il Tribunale del riesame di Bari ha respinto il ricorso degli accusati in relazione alla maxi frode con il sequestro di 7000 tonnellate di falso extravergine italiano (qui il post del 4 dicembre scorso dove ne parlo): secondo i giudici l’esame del Dna che ha permesso di smascherare la truffa è valido ai fini probatori. Respinta la tesi degli avvocati difensori secondo i quali le analisi genetiche sull’olio, non essendo ufficiali, non possono essere prodotte in giudizio, anche se validate a livello scientifico. A ricostruire questa importante tappa della maxi inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari è Teatro Naturale. Vale la pena di ricordare che l’olio posto sotto sequestro veniva venduto come 100% made in Italy, mentre era in realtà una miscela di extravergini provenienti da Turchia, Siria, Marocco e Tunisia.

Furbetti dell’oliera attenti! Il test del Dna vale

Ma indipendentemente dalla sorte dell’inchiesta barese, il precedente stabilito dal Tribunale del riesame è importantissimo. Ora tutte le Procure d’Italia possono utilizzare l’esame del Dna per smascherare i casi di frode ai danni dei consumatori. C’è da sperare che nonostante il decreto Renzi-Madia abbia smantellato il Corpo forestale dello Stato, cui si devono i colpi più duri ai taroccatori del made in Italy, le inchieste non si fermino. Ne va della sopravvivenza stessa delle nostre filiere d’eccellenza. Inclusa quella oleicola.

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2 COMMENTS

  1. Caro Attilio, continua a raccontare la verità. Nell’ agro-alimentare, punto di forza della Ns. cultura e della Ns. economia, stiamo subendo da tempo grandi umiliazioni ed attacchi che destabilizzano la Ns. economia. Ma che Europa è questa, governata da un Parlamento lobbysta e incompetente? Nel caso specifico la Commissione elimina le accise ai prodotti agro-alimentari che entrano in Europa peraltro a basso costo, e parallelamente mantiene le accise e limita la libera commercializzazione del vino fra gli Stati Membri, continuando ad applicare regole obsolete e piene di Burocrazia. In questo modo il Sistema Italia va in perdita su due fronti: quello identitario e quello economico.
    Costantino Charrère.

  2. Caro Costantino, ha ragione. Questa è un’Europa strabica, pronta ad agevolare le grandi lobby internazionali in nome del libero mercato, dimenticando poi di farlo funzionare al proprio interno.
    Nel caso dell’olio d’oliva tunisino, poi, a dare il disco verde per azzerare i dazi su 35mila tonnellate è stata la Commissione commercio internazionale dell’Europarlamento. Che di solito è più attento della Commissione agli interessi dei produttori europei.
    D’altronde il provvedimento non provoca alcun danno alla Germania, dove gli uliveti sono pressoché sconosciuti. E se la Merkel è d’accordo il resto della Ue dice sempre sì.

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