La Federalimentare vuole fermare i controlli della Forestale

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«Le chiedo, a nome dell’industria alimentare italiana, nel rispetto della disciplina comunitaria armonizzata, di intervenire sul Corpo Forestale dello stato sospendendo le attività di controllo tuttora in atto che stanno causando, altresì, pesanti ripercussioni mediatiche ingiustamente dannose per chi tanto ha speso per la buona immagine del Paese…». Così, lo scorso 2 agosto, il presidente della Federalimentare Filippo Ferrua, scriveva al ministro delle Politiche Agricole Nunzia De Girolamo. Della missiva si diceva da tempo: il tam-tam degli ambienti vicini alle organizzazioni dei produttori riferiva di una richiesta formale, recapitata al governo, di ammorbidire i controlli. In realtà il capo della Confindustria alimentare è andato oltre, domandando alla De Girolamo di sospenderli del tutto. Ora però la lettera è diventata pubblica, da quando – era il 5 dicembre – il popolo delle bandiere gialle della Coldiretti ha presidiato il valico del Brennero alla ricerca dei prodotti d’importazione destinati a trasformarsi in made in Italy nelle fabbriche e nei laboratori di mezza Italia. Diverse gigantografie del messaggio inviato al ministro De Girolamo hanno percorso il valico alpino a bordo di rimorchi trainati dai trattori. Ferrua, e questo non è un dettaglio insignificante, si è ben guardato dallo smentire il virgolettato che vedete qui a fianco, finito pure in tv durante i numerosi servizi che le reti nazionali hanno mandato in onda sulla “battaglia del made in Italy” al Brennero. Quindi, per quel che mi riguarda, è vero. Ed è di una gravità assoluta. A cominciare dal fatto in sè: a prescindere dalla carica ricoperta dallo scrivente, chiunque si permetta di chiedere a un ministro della Repubblica, di intervenire presso un corpo di polizia per fermarne l’azione di controllo e di contrasto a fenomeni illegali compie a sua volta un’azione contra legem. Diversamente si introduce un principio pericolosissimo: se l’azione di controllo lede gli interessi di una categoria, una qualsiasi, scatta una specie di franchigia. una manleva giudiziaria che cancella le responsabilità di quanti hanno commesso un illecito.
La lettera di Ferrua è partita pochi giorni dopo che la Forestale aveva avviato un’indagine sulle pasta Divella, che sulla confezione ha un nastro tricolore anche se la legge italiana, impedisce di metterlo in presenza di materie prime d’importazione. Una combinazione? Chissà. Sta di fatto che dopo quel primo intervento, nonostante siano diversi i marchi che usano il tricolore, non ne sono seguiti altri. Tanto è vero che il 29 luglio mi chiedevo proprio su questo blog: «Indagano sulla pasta Divella col tricolore, ma con gli altri maccheroni non italiani come la mettiamo?». Una combinazione pure questa?lettera-FERRUA
Ora mi chiedo (e giro i quesiti ai diretti interessati):

  • Ferrua è in grado di smentire l’esistenza della lettera alla De Girolamo? E in caso negativo: come giustifica un’ingerenza così grave nelle attività ispettive di un corpo di polizia dello Stato?
  • Cos’ha da dire il ministro dell’Agricoltura sulla vicenda? Essendo diventata di dominio pubblico la lettera della Federalimentare, cosa risponde, ammesso che non l’abbia già fatto, alle richieste di Ferrua?
  • E il Corpo Forestale dello Stato? Può spiegare cos’è accaduto dopo la missiva di Ferrua? I controlli sono proseguiti oppure no?
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