Lasagne al ragù di cavallo: ora è ufficiale, l’Europa vuole le etichette opache

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«Il ricorso a un’etichettatura d’origine obbligatoria non è uno strumento atto a prevenire l’etichettatura fraudolenta. La frode delle lasagne al ragù di cavallo avrebbe potuto verificarsi anche con un sistema obbligatorio di etichettatura di origine». Così il commissario europeo alla salute Tonio Borg ha risposto con un nuovo «no» alle richieste di quanti chiedevano più trasparenza per gli alimenti. Nella fattispecie la risposta pubblicata oggi sul sito della Commissione (ecco il link) arriva dopo l’interrogazione presentata dell’europarlamentare della Lega Nord Mara Bizzotto (nella foto con Borg) che aveva domandato a Bruxelles di fare chiarezza e introdurre un regime di tracciabilità e di trasparenza per questo genere di alimento. Nulla di tutto questo: l’esecutivo guidato da José Manuel Barroso non ci pensa nemmeno. Anzi, esclude di presentare un qualunque provvedimento per rendere vincolante l’indicazione d’origine per le preparazioni alimentari contenenti carne. Anche se per la carne venduta tal quale è già obbligatoria la tracciabilità completa della filiera.
«Siamo al paradosso: è come dire, non faccio una legge sul porto d’armi perché tanto chi vuole comprarle illegalmente lo può fare comunque – afferma la Bizzotto – e oltretutto la Commissione europea non fornisce alcuna alternativa all’etichettatura d’origine, né tantomeno una soluzione valida e praticabile per contrastare scandali e sofisticazioni alimentari».
Il caso della carne di cavallo, spacciata per  manzo, è esploso lo scorso febbraio in Gran Bretagna con l’ammissione da parte del colosso Findus che le lasagne congelate al «ragù di manzo» contenevano in realtà tra il 60% e il 100% di carne equina. Da lì sono scattate indagini e controlli a tappeto che hanno coinvolto 16 Paesi, 200 marchi alimentari  e altre multinazionali del calibro di Nestlè e Star.
«I cittadini hanno il sacrosanto diritto di sapere cosa finisce sulle loro tavole, di sapere se stanno mangiando ragù fatto con carne di manzo di qualità o con carne di cavallo proveniente dalla Romania e magari contenente estrogeni e sostanze dopanti – conclude l’eurodeputata leghista – oppure se il wurstel che diamo ai bambini è fatto con carne italiana o con carne prodotta in qualche Paese dell’Est dove i controlli sanitari sono un optional». Magari, aggiungo io, a partire dalla famigerata «poltiglia rosa» ottenuta dalle carcasse di animali pressate. Una tecnica molto diffusa, perfino in Italia e che consente di preparare cibi con un surrogato di carne.
Evviva le etichette opache!

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