Latte, formaggi e pasta: no della Commissione Ue all’etichetta d’origine

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La Commissione europea ha deciso: niente etichetta d’origine per latte e formaggi, pasta e riso. Nessuna marcia indietro, come hanno erroneamente titolato giornali e blog: l’agenda europea prevedeva entro quest’anno che l’eurogoverno decidesse proprio sulla trasparenza di quegli alimenti finora esenti dalla trasparenza. Nei mesi scorsi era scattato l’obbligo di indicare l’origine per la carne suina venduta nell’Unione europea. Obbligo che però non riguardava quella trasformata, tanto è vero che sono rimasti esclusi dal provvedimento i salumi, che riguardano il big business della filiera suinicola. Così le imprese del settore rimangono libere di importare cosce di maiale da Germania, Olanda e Danimarca per trasformare in finti prosciutti e salami made in Italy. E lo stesso continuerà ad accadere per latte a lunga conservazione, formaggi non Dop, riso e pasta.

Il primo rapporto stilato a Bruxelles riguarda il latte, i formaggi e le carni «minori», vale a dire, coniglio, cavallo e cacciagione,  (ecco il link da cui scaricarlo) ricostruisce il rapporto fra costi e benefici dell’etichettatura d’origine, arrivando alla conclusione che i primi si alzerebbero troppo in relazione ai vantaggi. Un’argomentazione ampiamente smontata dalle associazioni dei consumatori francesi che stimano nello 0,67% il costo sul consumatore finale della tracciabilità.

Il secondo rapporto (qui il pdf) si occupa invece  di prodotti non trasformati mono ingrediente e di quelli in cui un singolo componente rappresenti oltre il 50%, come riso, pasta, succhi e conserve. La conclusione è simile a quella del primo documento. Fa specie che la Commissione, nell’elenco delle argomentazioni utilizzate per dire no alla trasparenza a tavola, faccia menzione di studi e indagini sui consumatori. Mentre l’ultima consultazione pubblica in ordine di tempo, promossa dal nostro ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, dimostra proprio il contrario. Oltre 8 consumatori italiani su 10 pretendono di leggere l’origine di tutti gli alimenti in etichetta (ecco il post dove ne parlo). Dunque, quando Bruxelles sostiene che ai consumatori non interessa sapere da dove vengano i cibi che portano in tavola ogni giorno, racconta una balla colossale.

A questo punto è difficile dire cosa possa succedere. L’eurogoverno ha trasmesso i documenti a Parlamento europeo e Consiglio. Martina ha fatto sapere che il governo italiano affronterà «con determinazione la questione tenendo conto delle risposte dei consumatori italiani alla nostra consultazione pubblica». L’ex presidente della commissione agricoltura al Parlamento Ue Paolo De Castro fa sapere che «appena i rapporti arriveranno in aula all’Europarlamento faremo rumore. Noi siamo a favore dell’indicazione d’origine per garantire informazioni trasparenti al consumatore. In particolare avevamo approvato un documento sul mono-ingrediente proprio per tutelare le conserve alimentari». Fiducioso sulla possibilità di un intervento correttivo all’assemblea di Strasburgo è anche il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo: «Siamo certi che l’Europarlamento saprà smascherare i pesanti condizionamenti sulla Commissione per testimoniare in aula i reali interessi dei cittadini».

Personalmente temo che, come è accaduto spesso in passato, Bruxelles prosegua per la propria strada. Fregandosene di cosa possano pensare i consumatori.

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