Le etichette reticenti dell’olio non sono fuorilegge. Lo stabilisce la Commissione europea

0
1071
© Jordi Farres – Fotolia.com
Le etichette reticenti dell’olio extravergine d’oliva non sono fuorilegge. Per il semplice motivo che il decreto emanato il 18 ottobre 2007 dall’allora ministro delle Politiche Agricole Paolo De Castro non è più in vigore. Il provvedimento a cui le associazioni dei consumatori e quelle dei produttori si richiamano citando la filiera oleicola come esempio per la tracciabilità, è stato fatto decadere da una disposizione emanata successivamente dalla Commissione europea, il Regolamento CE N. 182/2009. L’ho scoperto ieri, parlando con l’ufficio stampa del Corpo Forestale dello Stato. In sostanza viene meno il vincolo tassativo alla «indicazione della zona geografica di coltivazione delle olive», anche nella parte in cui era stabilito che l’etichetta dovesse «riportare lo Stato membro o il Paese terzo in cui la coltivazione è stata effettuata».
In particolare l’articolo 1, paragrafo 3, capo b, stabilisce esplicitamente che nel caso di miscele di oli provenienti da Paesi diversi dell’Unione europea il produttore possa utilizzare nell’etichetta un «riferimento alla Comunità». Cosa che avviene regolarmente per i prodotti di tutti i più noti marchi posti in commercio, come ho verificato con la prova-etichetta pubblicata sul blog il 25 gennaio scorso.
Per dare attuazione al Regolamento europeo l’Italia è stata obbligata ad emanare un nuovo decreto in data 10 novembre 2009 che potete consultare a questo link esterno. L’articolo 4 di questo decreto – scusate la pedanteria ma in questo caso la precisione è d’obbligo – stabilisce che per l’origine, in etichetta, «le diciture (…) possono essere sostituite con altri riferimenti che forniscono una informazione analoga come, ad esempio, Unione europea, una lista di più Stati membri o Paesi terzi, un nome di una regione geografica più grande di un Paese». 
Detto e fatto: in forza di queste disposizioni possiamo trovare in commercio oli extravergini che si definiscono «comunitari». E solo la stragrande maggioranza, come ho verificato.
Nessuna meraviglia, dunque, se gli organismi che debbono vigilare sui mercati di consumo non intervengono. Bruxelles ha dato la patente di legittimità alle etichette reticenti.
Ora mi chiedo però che senso abbia l’appello lanciato da ministro Galan dopo la scoperta da parte del Corpo Forestale dello Stato di un’ingente partita di olio deodorato: «Mi sento di poter raccomandare ai nostri consumatori», ha affermato, «di affidarsi al nostro sistema di tracciabilità e di etichettatura, già in vigore per l’olio di oliva extravergine in tutta Europa, se compreranno oli italiani potranno stare tranquilli sul livello di una qualità che non ha eguali al mondo». Vero. Ma come distinguere i prodotti made in Italy dagli altri? 
Chissà. Nel dubbio farò la solita prova: pubblicato il post faccio un salto all’Iper di Montebello della Battaglia. Questa volta con un obiettivo diverso dalle precedenti uscite: capire se sia possibile distinguere gli oli italiani nella giungla delle etichette “comunitarie”.  Poi vi racconto.

Print Friendly, PDF & Email

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here