Meno male che alla fiera “Tuttofood” ci sono i Carabinieri

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Comincia domani, nei padiglioni di Fiera Milano, Tuttofood: «la fiera del business agrialimentare». Una manifestazione nata per contendere ai poli fieristici di Parma (Cibus) e Verona (Vinitaly) un primato – in verità difficilmente attaccabile – nell’enogastronomia. L’edizione di quest’anno della rassegna milanese capita nel ben mezzo del confronto-scontro sull’etichetta trasparente. L’Italia ha fatto il primo passo fuori dalla trincea nella lunga guerra di posizione tra i fautori delle filiere trasparenti e l’industria, legata a un’impostazione che finora è risultata vincente: garantiamo noi la qualità e la salubrità del cibo, i consumatori possono fidarsi del brend (il marchio) e delle tecnologie impiegate per la lavorazione degli alimenti.
Sul versante opposto i produttori e i consumatori che chiedono di esercitare un diritto, conoscere cioè la provenienza delle materie prime impiegate per confezionare quel che ogni giorno si porta in tavola. Alle due “armate” si aggiungono poi i rinforzi provenienti dall’Europa: Commissione e Consiglio della Ue sono apertamente schierati sul fonte dell’industria, influenzati come sono dalle potenti lobby dei grandi trasformatori tedeschi e olandesi.
Il riassuntino che ho fatto, decisamente schematico e semplicistico, mi serve però per descrivere il clima in cui si apre Tuttofood. E francamente mi aspettavo di trovare nel programma della fiera per lo meno un evento dedicato al Made in Italy a tavola e allo scontro sull’etichetta d’origine e le filiere trasparenti. Nulla di tutto questo. L’ho scoperto qualche giorno fa, quando ho chiesto all’ufficio stampa della manifestazione l’elenco degli eventi: «Purtroppo il tema che interessa a te non viene affrontato, ce ne sono però degli altri interessanti», mi ha fatto sapere Rosy Mazzanti, della direzione comunicazione di Fiera Milano.
Dunque per Tuttofood il problema non esiste. Ma c’è di più, scorrendo il programma degli eventi, in effetti ne ho trovato uno molto interessante, che rappresenta a tutti gli effetti un “endorsement“, un pronunciamento. Parlo del convegno che aprirà domani Tuttofood. Il titolo dice tutto: «Scienza in campo, cibo buono, sano e sicuro per tutti». Ecco cosa si legge nel volantino di presentazione dell’evento: «Le nuove sfide si chiamano agricoltura di precisione (cioè satelliti artificiali al servizio anche dei campi più piccoli), ibridazione, miglioramento genetico, Ogm. Un tema complesso che merita di essere affrontato senza pregiudizi, per aiutare i coltivatori a valorizzare le eccellenze dei prodotti della nostra terra e orientare tutti noi consumatori a fare scelte informate e consapevoli». L’organizzazione del convegno è curata dal mensile economico Espanione.
Mi fermo qui.
Ora mi è chiaro quanto scrive oggi su Libero Gusto a proposito della fiera milanese il collega ed amico Carlo Cambi, penna sopraffina ma soprattutto maestro del buon vivere: «Si ha la sensazione che pur facendo assurgere il mangia&bevi a giusta forma di socializzazione, di piacere, anche di espressione culturale se ne dimentichi l’origine. Che è quella agricola. E’ sostanzialmente il male oscuro del nostro Paese. Che ha nella qualità dei cibi e dei vini un potenziale, anche economico, straordinario, ma non mette mai in relazione l’enogastronomia con l’agricoltura».
Così a Tuttofood l’unico presidio del vero Made in Italy alimentare, fra ibridazioni, tecnologie, miglioramenti genetici e cibi transgenici è quello dei Carabinieri del Nucleo antifrodi di Parma presenti allo stand del Ministero dell’Agricoltura. Solo lì, per quel che è dato sapere, si potrà chiedere informazioni sull’etichettatura e sull’origine dei prodotti agroalimentari, sulla tracciabilità, sull’agropirateria, sulle falsificazioni. Spetta al reparto ottimamente comandato dal tenente Marco Uguzzoni, il presidio della verità. Meno male che ci sono i Carabinieri.

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