Nato economica, così le multinazionali si preparano a calpestare le nostre leggi

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Autore: Zinneke

La Nato economica rischia di costarci carissima. Il nuovo presidente della Commissione europea non si è ancora insediato e già deve affrontare una grana capace di mettere in crisi una volta di più i rapporti fra i 28 partner della Ue. Spetterà a l lussemburghese Jean-Claude Juncker dire l’ultima parola su una delle questioni più spinose del Trattato transatlantico Ttip. Quella che riguarda gli arbitrati destinati a risolvere le controversie fra investitori (le multinazionali Usa) e Stati, vale a dire i Paesi membri dell’Unione. La bozza d’intesa su cui lavorano da mesi in gran segreto le delegazioni europea ed americana, prevede infatti che ove una società investitrice incappi in una norma o in un regolamento tale da mettere in forse l’investimento fatto fino a quel momento, si possa rivolgere a un arbitro. Diverso dai tribunali, naturalmente.

Gli arbitrati, denominati Isds (l’intera faccenda è costellata da sigle impronunciabili) che sta per Investor-state dispute settlement, risoluzione delle controversie investitore-Stato, potrebbero scattare proprio per invalidare una legge o un regolamento europeo. Dunque, oltre alla tecnocazia eurocentrica, a calpestare impunemente il nostro sistema di leggi che affonda le radici nel diritto romano, potrebbero essere pure i grandi gruppi finanziari statunitensi. Un arbitrato, alla fine, prevarrebbe sulla norma e noi saremmo costretti a smontarla per far spazio agli interessi si un «investitore». Francamente una cosa che non pensavo neppure si potesse pensare.

E questo spiega la segretezza con cui fino a poche settimane or sono è stata condotta la trattativa. Giusto per capirci una qualunque società che abbia aperto in uno dei Ventotto Paesi un caseificio per la produzione di finto Parmigiano, il classico Parmesan, potrebbe ricorrere all’arbitrato per chiedere di dichiarare nulle le norme che nella Ue proteggono le Dop dalle imitazioni. E il meccanismo varrebbe per tutti i comparti, incluso quello dei servizi. Privati e pubblici. Un Paese ha una legge che impedisce di indire un bando a valere anche fuori dai confini nazionali? Ecco pronto un bel ricorso all’arbitro. Le norme vigenti impongono di dichiarare in etichetta la presenza di eventuali Ogm? Via pure queste.

Le norme, sotto la voce generica «Tutela degli investimenti»,  sono elencate ai punti 22 e 23 (pagina 8 e seguenti) del Documento contenente le direttive impartite dal Consiglio delle Ue ai negoziatori europei (ecco il link da cui si può scaricare). Quindi, visto che privilegiano la parte Usa, erano destinate ad essere approvate alla velocità del fulmine.

Chiaro che un sistema di deregulation comandato dal mercato, dal capitale, ha effetti dirompenti e minaccia di far cadere le residue protezioni per i prodotti a indicazione d’origine e quelle che preservano il lavoro in Italia. Ma non è tutto: ben 14 Paesi hanno scritto a Juncker una lettera in cui domandano l’impegno formale della Commissione a difendere l’arbitrato. Di sicuro si sono espresse in questo modo Spagna, Gran Bretagna, Danimarca, Irlanda e Lituania. Non la Germania che una volta tanto si è schierata a difesa delle produzioni e del lavoro in Europa. Una missiva firmata dalla stessa cancelliera Angela Merkel, contenente una richiesta ultimativa – o sparisce l’arbitrato o non se ne fa nulla – è già arrivata alla commissaria entrante per il commercio, la svedese Cecilia Malstrom. E come sempre quando scendono in campo i panzer germanici non è difficile prevedere l’esito dell’iniziativa.

Dalle nostre parti, sulla questione, c’è un silenzio assordante. La nostra attenzione si concentra sulle Leopolde… Vuoi vedere che siamo uno dei 14 Paesi che hanno chiesto di non affondare l’arbitrato stragiudiziale?

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