Non è il Parlamento europeo l’istituzione che gli elettori sognano di abbattere

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Scrive Neil Unmack su Breakinviews.com: «Il Parlamento europeo che sarà eletto il prossimo anno sarà il più potente e al contempo il più fragile  della breve storia di questa istituzione. Sarà infatti il primo a beneficiare  dei poteri conferitigli dal trrattato di Lisbona: tra le altre cose potrà nominare il presidente della Commissione europea». Fin qui l’analisi è sostanzialmente condivisibile. Oltre no. «Tuttavia, il sostegno verso questa istituzione è in declino», aggiunge Unmack, «molti europei non andranno alle urne e sempre più voti si riverseranno sui partiti anti-euro, populisti o di estrema destra». Il nuovo Europarlamento rischia l’ingovernabilità: è questa la conclusione dell’analisi, che proprio con questo titolo è uscita oggi sul quotidiano La Stampa. L’abbaglio di cui resta vittima il columnist londinese cela numerosi equivoci.  Fra i partiti anti-euro, ad esempio, ci sono anche i conservatori inglesi, che pure dovrebbe conoscere bene e che non si possono certo definire populisti o di estrema destra. A meno che per acquisire la patente di estremisti di destra non basti schierarsi contro le minchiate politically correct che affliggono l’Europa come l’Italia.
Ma c’è un equivoco ben più subdolo nell’analisi di Unmack. È vero senza dubbio che in quasi tutti i 28 Paesi della Ue sta montando un sentimento antieuropeo. Ma a ben guardare le istituzioni che dovrebbero patirne sono la Commissione e il Consiglio della Ue. Il Parlamento di Strasburgo, quando ha avuto modo di pronunciarsi sulle questioni di fondo che interessano il mezzo miliardo di cittadini che abitano i 28 Paesi dell’Unione, l’ha fatto su posizioni opposte rispetto a Commissione e Consiglio. A cominciare dai nuovi regolamenti sulla trasparenza dei cibi che portiamo in tavola.
La vera sfida, alle prossime elezioni europee, sarà semmai far capire agli elettori la differenza fra le istituzioni che governano l’Europa e chiarire – finalmente – i programmi dei diversi schieramenti politici che si confronteranno. Si vuole più Europa o meno Europa? Fino a che punto gli eletti saranno disponibili ad aprire un confronto anche duro, con Bruxelles, ad esempio sulla difesa dei prodotti made in Italy e sulla capacità del nostro sistema produttivo di generare lavoro e ricchezza in Italia?
Il Parlamento europeo, nell’ultima legislatura, si è comportato complessivamente bene sui temi che stanno a cuore ai cittadini. Anche la commissione d’inchiesta che sta ricostruendo a Strasburgo i disastri compiuti dalla troika in Grecia è il primo organismo ufficiale che ha avuto il coraggio di porsi le domande che tutti mormorano da mesi senza avere il coraggio di esternarle pubblicamente:: gli esperti di Fondo Monetario, Bce e Commissione Ue che con la politica del rigore hanno devastato l’economia ellenica, sapevano quel che stavano facendo?  Di queste cose si discute a Strasburgo, non a Bruxelles dove invece si decide sotto dettatura della Merkel. Non è al Parlamento che i cittadini europei devono presentare il conto. Semmai è proprio attraverso l’unico organo elettivo dell’Unione che possono chiedere conto del loro operato a Commissione e Consiglio Ue.

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