Parla l’importatore cinese: «Dovete vendere una zona, non il marchio»

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Quando si dice la riconoscibilità dei prodotti… Il quotidiano La Provincia Pavese ha pubblicato un’intervista a Fan Guang, cinese, direttore generale della Wuhu Golden Sky,  una società costituita a Whu, città prefettura nel nord est della Cina dal Consorzio Pavia Export (il nome è inglese perché la legge locale non consente di utilizzare denominazioni italiane). A lui un buon numero di aziende pavesi ha affidato il compito di aprire il mercato dell’ex Celeste Impero ai prodotti che si fanno da queste parti. «E’ difficile vendere Pavia: non si riesce ancora a presentare bene cosa faccia», ha dichiarato alla Provincia Pavese, «d’accordo, il vino è buono ma se devo vendere una bottiglia non posso dire: bevila, perché è dell’Oltrepò. Cos’è l’Oltrepò?».
I produttori di Bonarda, Spumante e Pinot Nero possono consolarsi: non è che vada meglio ad altre zone vinicole che propongono etichette ben più note rispetto alle nostre (parlo al plurale perché sono vogherese di nascita e abito in Valle Staffora). «Sono stato al Vinitaly», aggiunge mister Guang, «e mi sono accorto che non è solo un vostro problema. Padiglione del Brunello, tanti stand, settanta aziende. Ognuno a dire: prendi il mio vino. Ma il problema è vendere una zona, non un marchio». L’esatto contrario di quanto vanno predicando le industrie alimentari che stanno conducendo una crociata contro l’etichetta d’origine: fidatevi di noi e del nostro nome, dicono, il resto non conta.
La realtà è un’altra. Non sono sufficienti neppure le Doc: sui mercati internazionali chi compra va alla ricerca della riconoscibilità dei prodotti in rapporto alla loro terra d’origine. Che oltretutto deve essere nota e apprezzata. Dunque stiamo sbagliando tutto. E non penso soltanto al vino.
Dimenticandoci per un attimo le implicazioni a livello di marketing e comunicazione che ciò comporta, vien da pensare che la tracciabilità, la trasperenza sull’origine siano davvero l’elemento che può fare la differenza. Può sembrare strano che a pretenderle sia la Cina, patria indiscussa del falso e dell’imitazione, ma è così. Di recente Pechino ha chiesto e ottenuto dall’Europa il riconoscimento Igp (Indicazione geografica protetta) per la mela Shaanxi Ping Puo e per i vermicelli Longkou Fen Si. Quando ammetteremo che l’origine, il terroir, dei prodotti alimentari è l’elemento vincente in tutto il mondo (a cominciare da casa nostra) forse sarà troppo tardi.

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