Per vendere i Ravioli Panzani alla carne di cavallo non devono esserci quelli 100% made in Italy

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Le etichette ritirate dal mercato per lo scandalo della carne di cavallo (ecco il post dove ne ho pubblicato una selezione) mi hanno chiarito ulteriormente il motivo per il quale la Commissione europea, sotto la pressione del blocco dei Paesi nordeuropei, si oppone con ogni mezzo alle tracciabilità. Provate a immaginare due confezioni di ravioli esposte ad esempio in un supermercato tedesco, sul medesimo bancone. Una a fianco dell’altra. La prima ha indicato chiaramente sulla confezione che trattasi di un prodotto 100 made in Italy. L’altra no, è il classico «tarocco» improbabile a cominciare dalla presentazione: un barattolo di latta. Proprio come nel caso dei Ravioli Panzani (a proposito: perché gli imitatori si inventano delle marche così grottesche?). Vi confesso che non mi è chiaro se sia stata ritirata soltanto la confezione che vedete in questo post oppure anche le altre visibili sul sito dell’azienda (www.ravioli-panzani.com). Comunque la domanda che mi sono posto è una, semplicissima e immediata: se fossero in commercio anche i veri ravioli 100% made in Italy, le imitazioni della Panzani si venderebbero ancora?
Ecco spiegata la solerzia e la pervicacia con cui, facendosi scudo addirittura con il trattato istitutivo della Ue, Bruxelles si è sempre opposta all’etichetta trasparente e alla tracciabilità. Ma quello delle «armi» istituzionali brandite da Commissione e Consiglio Ue contro le etichette parlanti è un discorso lungo e assai complesso. Che approfondirò presto: ho fatto al riguardo scoperte incredibili. Perfino per un giornalista over 50 come il sottoscritto che ne ha viste letteralmente di cotte e di crude. Presto vi dirò…

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