Prezzi, Grana e Parmigiano corrono. Il latte a passo di lumaca

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Il rincaro nelle quotazioni all’ingrosso per i principali formaggi italiani come il Grana Padano (+27 per cento) e il Parmigiano Reggiano (+31  per cento) si è trasferito solo in minima parte agli allevatori che hanno dovuto invece  affrontare la crescita nei costi delle materie prime con aumenti del 14% per i mangimi e del 5% per l’energia. Lo afferma la Coldiretti commentando le analisi di Assolatte sull’andamento dei prezzi al consumo nel settore lattiero-caseario.

Per una volta, infatti, i rincari vanno accolti positivamente: nel recente passato sia il Parmigiamo sia il Granna sono finiti sui banconi dei supermercati a prezzi inferiori rispetto ai costi di produzione. L’intera filiera che porta dalla stalla ai formaggi a pasta dura è stata sul punto di saltare per aria. Se non è successo è anche merito dell’ex ministro dell’Agricoltura Luca Zaia che oltre due anni or sono ha messo sul  piatto 50 milioni di fondi europei per comprare 100mila forme di Grana e 100mila di Parmigiano e distribuirle ai poveri attraverso Caritas, Croce Rossa e Banco Alimentare. 
Ma come è andato il latte mentre i due formaggi made in Italy più noti al mondo aumentavano del 30% circa? Rispetto agli scorsi anni il prezzo alla stalla è salito anziché diminuire. Secondo l’osservatorio Clal nel 2010 all’origine l’alimento bianco si è apprezzato dell’8,9%. Peccato che l’anno prima fosse sceso del 18,2%.

Una curiosità per finire: lo scorso anno, in media il latte alla stalla si pagava 35,2 centesimi di euro al litro. Equivalenti a 680,98 delle vecchie lire. Meno di quanto costasse nel 1995: 697,57 lire.

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