Quando comprare americano fa la differenza per milioni di disoccupati. E diventa un caso Tv

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Lo scontro sull’etichetta d’origine è uno scontro sul Made in Italy. Chi non la vuole ha un solo obiettivo: spacciare per italiano un prodotto che spesso è sì fatto nel nostro Paese, ma con materie prime o semilavorati che arrivano da ogni parte del mondo. Talvolta, è il caso dell’olio e del latte, con prodotti finiti che l’industria si limita a confezionare. Tutto lecito fino a quando non dovesse diventare obbligatorio indicare in etichetta l’origine degli ingredienti.
Chi mi conosce e divide con me lavoro, interessi (professionali) e passioni sa bene che spesso nelle occasioni pubbliche in cui mi trovo a parlare di questi argomenti, passo per il crociato dell’italianità. Non che questo mi dispiaccia. A volte però, devo confessarlo, ho io stesso la sensazione di essere un po’ troppo intransigente. Ebbene, mi è capitato durante una di quelle notti insonni in cui m’imbatto quando bevo un caffè di troppo, di assistere a una trasmissione televisiva del network americano Abc News. A condurla la nota anchorwoman statunitense Diane Sawyer. Il programma si chiama “Made in America” ed è una via di mezzo fra il reality e l’inchiesta giornalistica. La Sawyer entra nelle case della famiglie americane e ricostruisce l’origine di tutto quanto vi è contenuto, dalla mobilia, ai vestiti, fino al televisore e al computer. L’obiettivo è capire quanti prodotti veramente americani si comperino negli Stati Uniti. I risultati sono sconfortanti: in genere è Made in Usa il 10% di quel che viene censito.
Il programma, ben condotto e ottimamente montato in regia (gli americani sono dei veri maestri nel genere) non cade nella trappola del protezionismo: nessuno mette in dubbio l’apertura dei mercati. Semmai c’è da qualche tempo nel paese che ha la prima economia al mondo la consapevolezza che rinunciare alla manifattura locale significa togliere lavoro alle fabbriche. Gli americani, dall’allevatore del Montana fino al presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, sono preoccupati per quella che è stata definita una “jobless recovery”. La ripresa senza lavoro: l’economia si è rimessa in moto ma non riesce ad assorbire i milioni di disoccupati prodotti con la crisi finanziaria del 2009.
Così sta formandosi una consapevolezza diffusa che “comperare americano” significhi far lavorare magari un tuo vicino di casa che da mesi prende il sussidio di disoccupazione. E questo spiega la fortuna della serie “Made in America“.
Dimenticavo: spesso anche la Sawyer fa fatica a risalire all’origine dei prodotti. Pure negli Usa le etichette sono un po’ reticenti. E si dimostra contrariata.
E se non fosse una mania da visionari quella di pretendere di capire da dove proviene ciò che comperiamo?

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