Sassi, Pagliacci e etichette negate

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© Lisa F. Young – Fotolia.com
E’ toccato a una delegazione di giovani agricoltori dell’Anga di Brescia (l’Anga è l’associazione degli junior di Confagricoltura) di tastare il polso alla Commissione europea sull’etichettatura d’origine. Una gruppo di giovani dell’Anga di Brescia è stato ricevuto in settimana da Carlo Pagliacci, funzionario della Direzione Generale Agricoltura alla Commissione europea. «La legge italiana sull’origine in etichetta? Sicuramente è stata un sasso lanciato nello stagno». ha detto Pagliacci ai giovani imprenditori agricoli, «per il momento è ancora sotto esame per cercare di valutare la compatibilità con le norme europee e vedere le possibili soluzioni». A riferire dell’incontro è stato il quotidiano “Brescia Oggi“.
«Estendere potenzialmente l’indicazione di origine a tutti i prodotti potrebbe risultare arduo», ha aggiunto Pagliacci, «si sta cercando di capire come e dove si potrebbe intervenire». In realtà la questione è un’altra: l’industria agrolimentare nordeuropea non vuole la tracciabilità di tutti gli alimenti perché con l’etichetta “parlante” si scoprirebbe cosa c’è davvero dentro i cibi che portiamo in tavola tutti i giorni: pomodori cinesi, latte in polvere o cagliata surgelata, cosce di maiale tedesche e olandesi spacciate per prosciutti italianissimi. E l’Eurogoverno è molto sensibile alle pressioni delle lobby della grande industria. 
«Non nascondo», ammette Pagliacci, «che ci sia una spaccatura tra paesi che ci credono (all’etichetta d’origine, ndr) e altri, invece, che non la ritengono adatta. Ci sarà comunque uno studio apposito della Commissione». Vero, ma solo fra tre anni e sotto forma di studio di fattibilità, com’è scritto chiaramente nella bozza di regolamento sulla tracciabilità approvata dal Consiglio della Ue a febbraio. 
«Di certo», ha concluso il funzionario italiano, «va evitato il rischio protezionistico. Anche se rimane da chiarire l’atteggiamento dei produttori in materia». E in quest’ultima affermazione sta la chiave di volta della strategia di Bruxelles per opporsi alle richieste di trasparenza sull’origine degli alimenti che portiamo in tavola tutti i giorni. La tracciabilità viene bollata come tentazione protezionistica. Se non addirittura come “autarchia” alimentare.
E i consumatori? Che dire del loro diritto inalienabile di sapere con cosa sia fatto e da dove arrivi ciò che stanno mangiando? Evidentemente questo a Bruxelles non interessa.
Pagliacci non ha colpa, è bene chiarirlo: è un funzionario, mentre le decisioni vengono assunte dai Commissari e dal Consiglio della Ue. 
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