Scoppia la guerra delle bollicine. Veuve Clicquot contro il Brut Contadino dell’Irpinia

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Summonte è un piccolo borgo abbarbicato alle falde orientali del Partenio, in provincia di Avellino. Uno di quei luoghi in cui il tempo pare essersi fermato. Da queste parti si produce un vino antico quanto la magna Grecia, il Fiano d’Avellino, un bianco profumato e ricco di aromi che discende direttamente da un vitigno importato dagli antichi greci e divenuto famoso al punto da indurre il re Carlo D’Angiò, nel XIII secolo, a ordinare ben 1600 piantine di vite da mettere a dimora attorno a Manfredonia. Summonte rischia però di ritornare al centro dell’attenzione visto l’interesse manifestato da una delle corazzate francesi dello champagne, la Veuve Clicquot. Già perché da queste parti si produce uno spumante, denominato «Brut Contadino», per l’esattezza a farlo è Ciro Picariello un produttore di vino dell’Irpinia, specializzato proprio nella produzione di Fiano di Avellino. E il «Brut contadino» proprio non va giù ai francesi. Nulla a che vedere con la qualità del contenuto; a indispettire la casa di Reims è l’etichetta e in particolare il colore di fondo, ritenuto «uguale» a quello delle bottiglie di champagne Veuve Clicquot. La società francese Mhcs, produttrice del noto champagne, ritiene che la commercializzazione del Brut Contadino le abbia causato gravi danni economici. In particolare il colore giallo aranciato utilizzato dal Picariello per le proprie etichette le farebbe confondere con quelle di Reims.  Francamente pare inverosimile, anche perché se davvero esiste  il pericolo di confusione, delle due l’una: o lo spumante del Picariello è sullo stesso livello qualitativo di uno champagne, o il Veuve Clicquot su quello del Brut Contadino. Chissà.
Ma nella guerra di bollicine sono entrati in campo pure gli avvocati e sono già iniziate le schermaglie legali: da una parte per Ciro Picariello gli avvocati Francesco P. Bonito e Pieremilio Sammarco e lo studio Jacobacci & Associati per la maison del Veuve Clicquot. Si tratta in sostanza di capire se un colore giallo tendente all’arancione su di un’etichetta di vino possa essere considerato un’esclusiva o meno.
A vedere le etichette che sono riuscito a recuperare sul web (eccole qui sotto) le due tonalità paiono distantissime, ma come sempre la resa cromatica dei soggetti in formato digitale potrebbe essere molto lontana dalla realtà. Per cominciare bisognerebbe mettere una vicina all’altra le due bottiglie, quella di Summonte e l’altra di Reims…

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2 COMMENTS

  1. la stessa azienda Veuve Clicquot. che nel 2007 inizio crisi si trova con i magazzini pieni decise di buttarsi sul mercato per natale novembre/dicembre con l’etichetta gialla quella nell’articolo per capirci, a € 10,00 per un mese il mercato impazzì ma immaginate quante bottiglie vennero vendute? immaginate quanta gente ancora oggi compra Veuve solo x quel fatto. PS. le cellule dell’intelligenza sono poche e in un cranio vuoto sbattono come una pallina in un flipper

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