Lo yogurt fatto in casa, la decrescita felice e i posti (di lavoro) che si perdono

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A scadenza fissa si torna a parlare di decrescita felice, uno dei cardini del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Mi è capitato in questi giorni di leggere sul web la lettera aperta inviata a Matteo Renzi da Maurizio Pallante, presidente del Movimento per la decrescita felice. La missiva arriva in risposta a un discorso tenuto dal premier alla Camera il 16 settembre scorso. In sostanza Pallante rimprovera a Renzi la colpa di «confondere il concetto di decrescita col concetto di recessione». Chi voglia leggere tutta la lettera la trova a questo link. Non mi dilungo sulle argomentazioni contingenti. Provo invece ad analizzare quello che è ritenuto il Manifesto della decrescita felice (eccolo), un documento cult, pubblicato sempre da Pallante nel 2004.

Scrive Pallante nel Manifesto:

Un vasetto di yogurt prodotto industrialmente e acquistato attraverso i circuiti commerciali, per arrivare sulla tavola dei consumatori percorre da 1.200 a 1.500 chilometri, costa 10 euro al litro (il prezzo indicato varia a seconda dei siti che lo pubblicano, ndA), ha bisogno di contenitori di plastica e di imballaggi di cartone, subisce trattamenti di conservazione che spesso non lasciano sopravvivere i batteri da cui è stato formato.

Lo yogurt autoprodotto facendo fermentare il latte con opportune colonie batteriche non deve essere trasportato, non richiede confezioni e imballaggi, costa il prezzo del latte, non ha conservanti ed è ricchissimo di batteri.

Lo yogurt autoprodotto è pertanto di qualità superiore rispetto a quello prodotto industrialmente, costa molto di meno, non comporta consumi di fonti fossili e di conseguenza contribuisce a ridurre le emissioni di CO2, non produce di rifiuti.

Tuttavia questa scelta, che migliora la qualità della vita di chi la compie e non genera impatti ambientali, comporta un decremento del Prodotto interno lordo: sia perché lo yogurt autoprodotto non passa attraverso la mediazione del denaro, quindi fa diminuire la domanda di merci, sia perché non richiede consumi di carburante, quindi fa diminuire la domanda di merci, sia perché non fa crescere i costi dello smaltimento dei rifiuti.

Mi fermo qui. Tanto mi bastava per descrivere quali sono le fonti teoriche – autoprodotte pure queste – a cui si abbevera il guru italiano della decrescita felice. Ma se queste sono le argomentazioni alla base del movimento neopauperista, Dio ci salvi! Renzi ha ragionissima: il Pallante, infatti, dimentica una componente fondamentale. Sarà pur vero che eliminando i vasetti di plastica e i cartoni delle confezioni con cui vengono consegnati a negozi e supermercati, si verifica una «diminuzione dei rifiuti e della domanda di yogurt e di purganti prodotti industrialmente», è sempre Pallante a scriverlo, con una «riduzione della circolazione degli autotreni che li trasportano e, quindi, una maggiore fluidità del traffico stradale e autostradale». Ma c’è un dettaglio che sfugge a questo ragionamento: il lavoro generato nell’intera filiera che porta dalla stalla alla tavola.

Se le industrie lattiero casearie dovessero smettere di produrre yogurt, taglierebbero inevitabilmente gli addetti a questa lavorazione. Lo stesso accadrebbe nelle fabbriche da cui escono i vasetti di plastica e di vetro utilizzati per confezionarlo. Stesso esito negli impianti che producono il cartone per gli imballaggi. Senza dimenticare gli autisti dei camion che li trasportano e i banconieri dei supermercati addetti alle corsie dei latticini. Come pure quanti lavorano alla produzione e alla distribuzione dell’energia impiegata in tutta la filiera.

Come sostiene Renzi, questo meccanismo ha un impatto notevole a livello macroeconomico: riduce il Pil e di conseguenza taglia i posti di lavoro. Quanti è difficile dirlo. Immagino che per il solo yogurt l’ordine di grandezza sia di almeno parecchie migliaia di occupati persi, 10mila, forse di più. Cosa accada quando le persone perdono il lavoro lo hanno capito anche i sassi: il loro potere d’acquisto tende a zero e i consumi precipitano. Col risultato che l’intera economia si avvita in una spirale recessiva dagli effetti devastanti.

Il finale di partita non è, come si legge nei documenti di Pallante, il ritorno a stili di vita a misura d’uomo. Ma la miseria, di cui abbiamo avuto un assaggio negli ultimi sei anni.

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1 COMMENT

  1. Non si preoccupi, non finirà affatto così e nessuno perderà il posto di lavoro.
    a parte il fatto che le prime righe della parabola dello yogurt contengono un sacco di sfondoni, come quello della distanza percorsa dai vasetti di yogurt per arrivare alla tavola dei consumatori. tra 1.200 e 1.500 chilometri: più o meno la distanza tra Milano e Brest (1.350 chilometri). se questa ipotesi fosse vera, a Milano si consumerebbe solo yogurt prodotto a Brest e a Brest si consumerebbe solo yogurt prodotto a Milano ….. Ma io che abito a Milano consumo yogurt altoatesino, che di chilometri ne fa meno di 300 e costa molto meno di 10 euro al litro.
    ma non è mica finita: poniamo che la gente dia retta al buon Pallante e che un gran numero di persone inizi ad autoprodursi lo yogurt. per fare dei numeri, supponiamo che nella zona di Milano ci siano 100.000 nuclei familiari che non comprano più lo yogurt e lo producono in autonomia. e supponiamo che il consumo medio di ciascun nucleo sia di mezzo litro di yogurt alla settimana.
    cosa fanno questi signori per autoprodurre lo yogurt? poiché nessuno ha la mucca in box, questi signori comprano il latte. risultato: nella zona di Milano devono arrivare 50.000 litri di latte in più alla settimana. e come arrivano a Milano 50.000 litri di latte in più? esattamente come gli yogurt, e sono prodotti dalle stesse aziende che prima producevano lo yogurt. nessun calo di traffico, nessun calo nella produzione di imballaggi e quindi nella produzione di rifiuti. anzi, a pensarci bene …. ognuno di quei 100.000 nuclei familiari si sarà comprato una yogurtiera, con un incremento nella produzione e nella vendita di elettrodomestici e poi ci saranno 100.000 yogurtiere personali in funzione una volta alla settimana, al posto di una decina di yogurtiere industriali. secondo lei chi consuma più energia?

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