Al Satiro danzante non bastano 25 custodi. Allora ha ragione la Merkel…

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Ha ragione Angela Merkel: prima di rompere le scatole in Europa e chiedere di spalmare i nostri debiti su tutti i ventotto Paesi della Ue, faremmo meglio a guardare in casa nostra. Mano alla scure e giù a tagliare rami secchi. Nella pubblica amministrazione, dico. E non si tratta soltanto di sprechi. Sulle voci critiche, istruzione, sanità e servizi pubblici i costi del personale incidono almeno per l’80%. È li che deve abbattersi la mannaia dei tagli. Un esempio di questi giorni ci fa capire con quali fenomeni abbiamo a che fare.

Mazara Del Vallo, Sicilia. Profondo Sud. La cittadina in provincia di Trapani ospita in un museo allestito appositamente il Satiro danzante, una statua bronzea di epoca greca o ellenistica, letteralmente ripescata da un peschereccio nel 1997 dalle profondità del Canale di Sicilia. L’eccezionalità del ritrovamento convinse l’allora ministro dei Beni Culturali Walter Veltroni a prendere l’aereo per recarsi nella cittadina siciliana. Il resto è ordinaria amministrazione: il Satiro finisce all’Istituto centrale per il restauro di Roma e quattro anni dopo, pur mancante di entrambe le braccia e di una gamba, viene esposto in tutto il suo fascino alla Camera dei deputati. Poi, il 12 luglio 2003, è riconsegnato all’amministrazione di Mazara. Qui, però, iniziano le stranezze: il Comune decide di esporlo al pubblico in una struttura creata su misura: il Museo del Satiro danzante, appunto, allestito nella ex chiesa di Sant’Egidio. Duecento metri tutti dedicati alla scultura che viene dalla Magna Grecia. Un eccesso di entusiasmo per un reperto storico obiettivamente affascinante? Chissà. A lasciare perplessi è il dispendio di energie umane (si fa per dire) messo in campo dalla Regione Siciliana che ha in carico il museo. A vigilare sul satiro, alternandosi nella guardiania del reperto archeologico, sono ben venticinque custodi. Venticinque!

Così una statua che per importanza storica è paragonabile ai Bronzi di Riace si trasforma in una ghiotta occasione per realizzare una «fabbrica di posti di lavoro». L’ennesimo spreco sarebbe rimasto sconosciuto ai più, se non fosse che la falange dei 25 custodi si impegna così poco che il museo rimane aperto soltanto in orario d’ufficio, dal lunedì al venerdì. E solo eccezionalmente apre il portone nel fine settimana. Da qui l’incazzatura del sindaco di Mazara, Nicola Cristaldi, che ha chiesto al governatore della Regione, il traballante Rosario Crocetta, di trasferire al Comune la gestione del museo. La scultura ellenistica, oltretutto, porta buono: nel 2005, nei sei mesi di apertura dell’Expo di Aichi, Giappone, è stata visitata da tre milioni e mezzo di persone.

La storia finisce qui. La morale che se ne può trarre è una sola: hanno ragione i tedeschi a pretendere da noi che prima di allentare le pastoie del Patto di stabilità, si faccia un po’ di pulizia in casa nostra. La logica che può condurre a «fabbricare» dal nulla 25 posti di lavoro è più antica e fuori tempo del Satiro. Ammesso che si potesse trovare una spiegazione fino a qualche decennio fa, quando finanziavamo il nostro sviluppo a debito, ora è semplicemente insopportabile.

La prossima volta che avrete la tentazione di mandare a quel paese frau Merkel per la rigidità con cui chiede all’Italia di applicare i patti europei, pensate al Satiro danzante. Anzi: ai suoi 25 custodi.

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