Formaggi, olio e prosciutto: attenti ai «generici»

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La definizione sembra studiata apposta per dire e non dire: «generici». Non parlo dei farmaci low cost sui quali fra l’altro si è scatenata una rovente polemica con la solita, inevitabile, coda giudiziaria sui medicinali salvavista a basso prezzo, nascosti (questa è l’ipotesi su cui lavora la procura di Torino) per privilegiare quelli a marchio.
Nulla di tutto questo. Mi riferisco ai prodotti alimentari non Dop e neppure Igp che troviamo in grandissima quantità sui banconi dei supermercati. In quasi tutti i casi si potrebbe dire «non italiani», visto che gli stessi istituti di ricerca che li censiscono periodicamente, a cominciare dall’Ismea, li distinguono dai prodotti italiani al 100%. Nell’indagine sull’extravergine che ho appena concluso (la trovate a questo link) ho potuto verificare che i generici occupano fra il 50 e il 60% dello spazio sui banconi. Dunque, almeno per l’olio, una bottiglia su due appartiene a questa tipologia di prodotto che ho ribattezzato #italianomanontroppo.
Ma per formaggi e prosciutti temo che sia ancora peggio. La Coldiretti ha quantificato in 200 miliardi di chilogrammi all’anno i falsi formaggi italiani venduti negli Stati Uniti, dal Parmesan all’Asiago fino alla mozzarella e al Provolone. Temo che da noi siano ancora di più. Infatti il prossimo focus lo dedicherò proprio ai formaggi.
Nel frattempo occhio ai «generici».

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