Agricoltori in piazza a Roma contro il finto pecorino italiano prodotto da Lactitalia. In Romania

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Agricoltori in piazza per dire no al falso Made in Italy prodotto all’estero, talvolta addirittura con i finanziamenti di una società a controllo pubblico. Domani a Roma, in piazza Montecitorio, andrà in scena dalle 9,30 in poi la protesta degli agricoltori di Coldiretti.  Nel mirino ci saranno soprattutto i casi di prodotti della tradizione alimentare italiana, copiati però e realizzati fuori dai confini nazionali. Con grave danno, dicono i nostri agricoltori, per i veri alimenti italiani. La galleria dei «tarocchi d’autore» partirà con il «Pecorino» prodotto in Romania dalla Lactitalia dei fratelli Pinna, società partecipata dalla Simest, finanziaria pubblica controllata al 76% dal Ministero dello Sviluppo Econonmico. E impegnata fra l’altro nel finanziamento della rete di salumerie aperte da Parmacotto negli Stati Uniti, dove si vendono – fra l’altro – la Finocchiona toscana fatta in Connecticut e la Bresaola confezionata rigorosamente nel Wisconsin. A partire dalla carne uruguaiana.
Per il sottoscritto non si tratta di novità: ho scritto più volte sulla vicenda. L’ultima su Libero, dovendo registrare (in quest’ultimo caso) una lettera di rettifica da parte della Simest  che in realtà non rettifìcava né smentiva nulla. Non voglio tediare i lettori di Etichettopoli.com con polemiche stucchevoli. Pronto, all’occorrenza, a produrre tutta la documentazione che ho raccolto in questi mesi.
L’unica vera novità di queste settimane è che il sito web della società italo-romena (www.lactitalia.ro) è offline da tempo e risulta irraggiungibile anche utilizzando piattaforme e browser diversi. Una combinazione? Un caso? Chissà… Non voglio azzardare ipotesi. So per cento che domani, in piazza Montecitorio, si potrà però toccare con mano il finto pecorino italiano prodotto a centinaia di chilometri dai nostri allevamenti di ovini.
Mi permetto, una volta tanto, di dare un consiglio a Coldiretti e pure al Codacons che ieri ha annunciato un esposto in Tribunale sulla vicenda. Non parlate di finto Made in Italy prodotto con i soldi dei contribuenti. La Simest, da quel che mi risulta, utilizza mezzi propri e non chiede denari pubblici. Un’accusa di questo genere potrebbe essere facilmente smontata. Altra cosa è il senso politico-istituzionale della vicenda: è lecito che una società a controllo pubblico partecipi  pur con risorse proprie (i soci di capitale sono banche) alla falsificazione di un prodotto della tradizione alimentare Made in Italy? Oltretutto Bucarest è nell’Unione europea e dovrebbero valere anche in questo caso le norme che tutelano le Dop.

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