La vera storia dell’Auricchio americano che falsifica i nostri formaggi Dop

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Ci sono due Auricchio. Gian Domenico, classe 1957, laurea in giurisprudenza, è amministratore delegato dell’azienda di famiglia, la Gennaro Auricchio Spa, presidente delle Fiere di Parma e numero uno di Unioncamere Lombardia. Dal 2007 al 2010 ha guidato Federalimentare, mentre dal 2004 al 2008 è stato nella giunta di Confindustria, quando sullo scranno più alto sedeva Luca Cordero di Montezemolo. Un’istituzione del made in Italy a tavola, insomma.

Ma c’è anche un Auricchio americano. Per la precisione Errico, 70 anni, presidente della Belgioioso Cheese, sede a Green Bay, Wisconsin e soprattutto re indiscusso dei taroccatori di formaggi italiani negli Stati Uniti. Ma è pure il principale regista di una gigantesca operazione di lobbying, con il Consortium for common food names (in sigla Ccfn). Obiettivo: screditare le rivendicazioni dell’Europa sulle Denominazioni d’origine. 

«Il valore della cultura del cibo non è nei luoghi in cui è prodotto, ma nell’uomo che li fa. La qualità può essere esportata», spiegò l’Auricchio del Wisconsin in una storica intervista alla Libertà, il quotidiano di Piacenza. «Il clima, il luogo contano», sentenziò Errico nel giugno 2013, «ma è la cultura dell’uomo l’aspetto più importante, se no per mangiare sushi dovremmo andare in Giappone, invece è buonissimo anche a Milano… La qualità nasce dall’impegno quotidiano e la fa il produttore».

  • Errico Auricchio

LE DENOMINAZIONI PROTETTE DIVENTANO  «NOMI COMUNI»

Non a caso la tesi dei formaggiai Usa è che le Denominazioni d’origine, protette in europa dalle Dop, siano dei «nomi comuni alimentari» e possano essere replicate a qualunque latitudine. Un concetto che l’Auricchio d’America, trasferitosi negli States negli anni Settanta,  ha sviluppato fino all’inverosimile. Per ogni Dop prodotta in Italia da Gian Domenico, Errico è in grado di mettere in campo per lo meno una copia. Un tarocco. Così ha finito per duplicare tutte le principali eccellenze lattiero casearie della Penisola. A cominciare dal Provolone su cui l’Auricchio nostrano ha costruito la propria fortuna. E poi il Gorgonzola, la Fontina, il Pamigiano Reggiano, il Grana Padano. E non contento di falsificare le Denominazioni protette si è inventato pure delle specialità che dalle nostre parti manco sappiamo che esistono. Come l’Auribella e l’Italico. Due nomi assai evocativi per il popolo dei consumatori Usa.

NELLA SALA DEGLI EROI

L’attento lavoro di imitazione condotto da Errico nei decenni, gli è valso l’inserimento nella hall of heroes del Consortium for common food names, assieme a Giorgio Linguanti, fondatore della That’s Amore Cheese, Jim Sartori, titolare dell’omonimo caseificio e una dozzina di altri grandi taroccatori che falsificano sistematicamente i formaggi francesi, greci, tedeschi e svizzeri.

Emilio Karake

Di recente, poi, nella sala degli eroi sono entrati pure personaggi «benemeriti» che si sono guadagnati la menzione anche operando nel business della ristorazione. Come Emilio Karake, «architetto di professione e gestore per il Guatemala della catena Italianni’s», la quintessenza del tarocco italiano in salsa centroamericana servito a tavola. Il grande business dell’italian sounding, che vale oltre 60 miliardi di euro l’anno, richiede anche degli «eroi» che lo somministrino. Come Karake, appunto.

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