Pasta, 9 pacchi su 10 non sono italiani

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© Comugnero Silvana – Fotolia.com
La scalata dei francesi di Lactalis alla Parmalat è stata l’occasione per fare un bilancio del Made in Italy alimentare finito in pancia alle multinazionali. Non voglio annoiarvi con lunghi elenchi di marchi ed etichette che di italiano conservano (forse) la carta su cui sono stampate le confezioni. Sono interessanti, invece, i dati forniti dalla Coldiretti che ha anticipato in parte un rapporto che sta ultimando assieme all’Eurispes. Ebbene, è straniero un terzo del Made in Italy a tavola. Il fatturato dei prodotti italiani soltanto nel marchio e nella ricetta ammonta a 50 miliardi di euro «e riguarda», si legge nella nota diffusa dalla confederazione guidata da Sergio Marini,  «due prosciutti su tre venduti come italiani ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, oltre un terzo della pasta ottenuta da grano che non è stato coltivato in Italia all’insaputa dei consumatori e la metà delle mozzarelle che sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere».
In realtà temo che queste proporzioni siano addirittura ottimistiche. Soprattutto per la pasta. Mi risulta infatti che il grano duro veramente Made in Italy impiegato per produrre spaghetti, farfalle e tortiglioni,  copra appena il 10% del nostro fabbisogno. Il resto arriva da fuori, soprattutto dal Canada dove il frumento viene trebbiato a ottobre, quando fa freddo, con notevoli problemi di conservazione e trasporto. Quando fai notare questo paradosso agli industriali del settore ti senti rispondere (come è accaduto a me, pochi giorni or sono): «Senza il grano duro importato non si potrebbero fare gli spaghetti. E poi è la ricetta che conta. E su quella garantiamo noi».
Così però si tratta il consumatore come un bambino e gli si toglie la possibilità di decidere in autonomia cosa acquistare e, soprattutto, cosa mangiare. Basterebbe scrivere in etichetta da dove proviene il grano o la farina impiegata. 
Già, ma forse così sarebbe più difficile spacciare per italiano quel che non lo è.
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1 COMMENT

  1. Buongiorno! Volevo farle i complimenti per questo blog, è davvero interessante.
    La questione della provenienza delle materie prima (spt nel settore della pasta) è davvero spinosa. Purtroppo molte aziende tendono a privilegiare il grano duro straniero per ragioni di costo, con conseguenze però sul profilo della qualità e della salubrità del prodotto finale.
    Penso che sia assolutamente fondamentale arrivare ad un’etichettatura che sia davvero trasparente nei confronti del consumatore. Speriamo vada a buon fine la legge italiana in materia.

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