Unilever, Nestlé, Coca Cola e McDonald’s si convertono al Made in Italy, ma…

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Le multinazionali dell’alimentare preparano la conversione al Made in Italy. Entro il 2020 i cibi offerti ai nostri consumatori verranno confezionati tutti a partire da materie prime provenienti da coltivazioni di agricoltura sostenibile. Per ora non c’è alcun annuncio ufficiale, quindi è inutile che vi mettiate a compulsare Google e le rassegne stampa online. L’unica traccia di questa conversione alla tracciabilità si è vista a Cibus Tour, il salone dell’agroalimentare che si è svolta la scorsa settimana a Parma. Ebbene, lì McDonald’s si è presentata con diversi “corner”, uno per ciascun padiglione su cui si snodava l’itinerario del gusto nel quartiere fieristico di Baganzola. L’effetto “minestrone” dovuto al fatto che la collocazione degli espositori non seguiva un itinerario logico (tranne l’area riservata a Slow Food nel resto della fiera si trovava un po’ di tutto sparso qua e là) ha spento in parte l’effetto degli stand McDonald’s dove si potevano assaggiare salumi e prodotti della gastronomia italiana. E in verità quella di Parma non era un’anteprima assoluta. Da tempo il colosso mondiale dell’hamburger offre nei propri ristoranti panini confezionati con formaggi o affettati locali. Ma quello di cui parliamo è un cambiamento di rotta a 180 gradi. Più simile al “Contrordine compagni”  di guareschiana memoria piuttosto che a un mutamento di strategia. Per quanto rivoluzionario possa essere.
Sta di fatto che i big mondiali dell’alimentare si ripromettono di approvvigionarsi soltanto con farina, latte, carne, affettati, frutta e verdura Made in Italy, anche se per ora non lo dicono. Ora vi chiederete: ma dove l’ha saputo?  E’ presto detto: in settimana, lunedì per la precisione, si è tenuto a Borgonovo Val Tidone un interessante incontro organizzato dalla Coldiretti di Piacenza sulla filiera del pomodoro che in quella zona è davvero trasparente: in virtù di alcuni accordi fra agricoltori e industria di trasformazione, nei campi del piacentino si coltiva un ottimo pomodoro venduto poi in molte catene (locali e non) sottoforma di conserva e sughi con origine dichiarata in etichetta. Un successo del Made in Italy maturato nel tempo grazie all’impegno di tutti i protagonisti della filiera.
Ebbene, all’incontro della Coldiretti Marco Crotti, il presidente del Consorzio interregionale ortofrutticoli (in sigla Cio), ha raccontato di aver incontrato una delegazione delle multinazionali, presentatesi a Piacenza con una richiesta inattesa: se dovessimo decidere di utilizzare soltanto frutta e verdura italiana per confezionare i nostri alimenti, voi coltivatori siete in grado di soddisfare la nostra richiesta? I big dell’industria alimentare, inclusi Unilever, Nestlé, Coca Cola, Barilla e McDonald’s si sono dati tempo 10 anni per convertirsi al Made in Italy. Un lasso di tempo lungo ma indispensabile agli agricoltori per adeguare le produzioni all’enorme domanda aggiuntiva.
Attenzione a non farvi cogliere dai facili entusiasmi, però. Non è detto che le corazzate del cibo omologato e industriale pensino solo e soltanto al vero Made in Italy quando parlano di prodotti italiani. C’è infatti un equivoco alimentato tuttora dall’industria di trasformazione (pure la nostra): si può definire prodotto italiano quello fatto con la ricetta e con le tecnologie di casa nostra, a prescindere dall’origine delle materie prime impiegate. Giusto per fare un esempio, è così che almeno 25 milioni di cosce di maiale tedesche e olandesi si trasformano in prosciutti italiani
Quindi, ancora una volta, per assicurare trasparenza alla conversione al “tutto italiano” delle grandi multinazionali, ci vorrebbe l’etichettatura d’origine obbligatoria. Scommettiamo che se proviamo a proporgliela ci dicono di no?

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3 COMMENTS

  1. Io sostegno al 100% la proposta per assicurare trasparenza alla conversione al “tutto italiano” delle grandi multinazionali, ci vorrebbe senz’altro l’etichettatura d’origine obbligatoria. E’ anche importante che tutti gli’igredienti che vengono usati nei prodotti alimentari siano scrutinati e approvati. Io purtroppo, non mi fido di Unilever, perche’ho notato che sono solamente interessati a conquistare il mercato mondiale e se ne fregano della salute della gente.

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