Glifosato, le bufale non aiutano a capirne la pericolosità

C'e chi chiede di dire no al trattato di libero scambio col Canada per non aprire le frontiere al grano al glifosato. Ma lo importiamo da decenni

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Il web trabocca di bufale. Quelle sul glifosato, meglio conosciuto col nome commerciale di Roundup, poi spuntano come funghi. Negli ultimi giorni, rimbalza tra siti e blog un allarme legato a una presunta ricerca del Mit, l’autorevole Massachusetts Institute of Technology, il Mit. In realtò la ricerca c’è ma non è stata condotta dall’istituto di Cambridge, bensì da una ricercatrice che lavora al Mit e che l’ha svolta a titolo personale. Si tratta di Stephanie Seneff e il lavoro è stato sviluppato a quattro mani assieme a Anthony Samsel che col Mit non c’entra proprio nulla. La ricerca è accessibile a questo link che rimanda a una pagina di Researchgate.net una banca dati indipendente su cui sono accessibili lavori dai temi più disparati.

Del clamore suscitato a suo tempo dalle presunte «scoperte» di Seneff e Samsel si è occupato anche Wired in un articolo che smonta le conclusioni dei due. Ma non voglio avventurarmi nel merito della ricerca. Mi ha colpito invece un altro aspetto della vicenda. La ricerca viene usata come un’arma per avvalorare una serie di allarmi. A cominciare da quelli più inquietanti, secondo i quali all’erbicida della Bayer (che l’ha ereditato acquistando la Monsanto) sarebbero riconducibili patologie gravissime. Eccole come compaiono nell’abstract della ricerca:

  • diabete
  • obesità
  • asma
  • broncopneumopatia cronica ostruttiva
  • edema polmonare
  • insufficienza surrenalica
  • ipotiroidismo
  • morbo di Alzheimer
  • sclerosi laterale amiotrofica (la Sla)
  • morbo di Parkinson
  • malattie da prioni
  • lupus
  • malattia mitocondriale
  • linfoma non Hodgkin
  • difetti del tubo neurale
  • infertilità
  • ipertensione
  • glaucoma
  • osteoporosi
  • malattia del fegato grasso
  • insufficienza renale

MACCHERONI VELENOSI

Ma c’è di più. Siccome del glifosato sono state trovate tracce in molti alimenti, inclusa la pasta, c’è chi arriva a sostenere che mangiare un piatto di spaghetti equivalga a ingerire una pozione mortale. La legislazione attuale ha stabilito una soglia di sicurezza per questa sostanza, vale a dire 750 microgrammi in ogni chilogrammo. Un microgrammo è la milionesima parte di un grammo. E tutte le marche di pasta in commercio sono al di sotto di questa soglia. I maccheroni confezionati a partire da grano duro italiano, poi, hanno un contenuto di glifosato così basso da non essere quantificabile, probabilmente nell’ordine di pochi miliardesimi di grammo.

E la ipotetica pericolosità di spaghetti, penne e tortiglioni induce alcuni ad appellarsi al ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova, chiedendole di non ratificare il Ceta, cioè il trattato di libero scambio Ue-Canada. È il caso ad esempio, dell’articolo pubblicato da Oltre.tv, che si definisce «un sito indipendente e apartitico che riunisce tanti autori con passioni diverse ma legati da un interesse comune: l’amore per la corretta informazione». In un articolo intitolato Glifosato: ecco cos’accade alla pasta italiana se la Bellanova ratifica il Ceta, leggo:

La questione è più che mai attuale: proprio in questi giorni il ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova ha dichiarato di voler ratificare il Ceta. Con l’accordo commerciale fra l’Ue e il Canada si darà via libera all’importazione del grano canadese, il quale è coltivato usando il glifosato come pesticida.

IL GRANO LO IMPORTIAMO GIÀ

In poche righe ci sono diversi svarioni. Intanto è il Parlamento e non la Bellanova a dover ratificare l’accordo di libero scambio che per altro è già entrato in funzione in via provvisoria. Dunque il Canada è libero di esportare in Europa e in Italia tutto il grano che vuole. E lo faceva comunque anche prima del Ceta, pagando semplicemente un dazio su ogni tonnellata di frumento.

E il pezzo non manca di cadere nell’equivoco comune a molti altri casi, quando parla di pesticida. Il glifosato, invece è un erbicida, viene impiegato cioé come diserbante e deve la sua grande diffusione in tutto il mondo al fatto che se non tocca l’apparato fogliare delle piante da preservare, non le fa morire. Mentre i disseccanti tradizionali uccidevano i vegetali anche venendo a contatto solo con le loro radici, il glifosato no.

LA DISINVOLTURA DEI CANADESI

Purtroppo in Canada e in molti altri Paesi con un clima umido, il diserbante della Bayer viene impiegato in fase di pre-raccolta del grano per accelerarne la maturazione in maniera uniforme. E l’irrorazione delle colture cerealicole provoca un trasferimento del glifosato dal grano alla farina e dalla farina alla pasta. Ora questo trasferimento, è comunque limitato e ben al di sotto delle soglie di legge, come abbiamo visto. Ma c’è. Esiste, come esistono da tempo le importazioni di grani canadesi. Dunque la Bellanova può fare ben poco al proposito. Anzi nulla. Semmai si potrebbe lavorare su una etichettatura d’origine più trasparente, ma su questa strada si va a sbattere sul muro della Ue.

Resta il fatto che mentre servirebbe un confronto rigoroso sul tema sul web e sui social media c’è una pioggia di bufale. E non aiuta a chiarire nulla l’altalena di sentenze, alcune a favore altre contro il Roundup. L’ultima in ordine di tempo è quella della Corte di Giustizia europea secondo la quale non sussistono elementi per inficiare la legittimità sull’uso del glifosato».

Personalmente ho smesso di usarlo in giardino da tempo, in base al principio della massima precauzione. Ma oltre a stare attento per i potenziali rischi nell’utilizzo di sostanze chimiche, mi guardo bene dall’abboccare all’amo delle trappole che si moltiplicano sulla Rete.

 

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