Il Pecorino Romano Dop non è ancora uscito dalla crisi legata alla sovrapproduzione. Il prezzo al caseificio (fonte Clal.it) è inchiodato a 5,80 euro al chilo. E non s’è mosso neppure a febbraio. I social media, nelle settimane di protesta dei pastori sardi con centinaia di ettolitri di latte versato per strada, hanno amplificato le notizie più strampalate, inclusa quella che dall’allevamento al bancone il prezzo del latte impiegato nella caseificazione della Dop più venduta all’estero dopo Grana Padano e Parmigiano Reggiano, aumenti di dieci, quindici e perfino venti volte. Ma è vero? La Rete, in molti casi, si trasforma nella fabbrica dell’indignazione. E per aizzarla servono notizie scandalose, anche del tutto false. Così, vestendo i panni del Casalingo di Voghera, ho rovistato fra i volantini delle più diffuse catene della grande distribuzione e passato al setaccio i siti web di quelle organizzate per offrire la spesa online. Il risultato è quello che vedete nella tabella pubblicata qui sotto. Nulla di scientifico, intendiamoci: le rilevazioni di mercato sono un’altra cosa. Ma pur essendo un censimento empirico dimostra alcune cose. Vediamole.


I prezzi sono variabilissimi e vanno dai 6,90 euro al kg del Pecorino Romano Dop, senza marca, venduto online sul sito della D’Ambros, fino ai 19,50 euro registrati, sempre online, sul portale Carrefour per il formaggio a marca Terre d’Italia. Vale la pena di notare che nella rete dei Carrefour Market, i negozi di città della catena francese, il Pecorino
Romano è in vendita, a listino, a 12,90 euro il chilogrammo, ma è in offerta a 7,90 euro, con uno sconto quasi del 40%.

E sempre a proposito di offerte, c’è da registrare il prezzo più basso in assoluto, praticato da Eurospar a Napoli: 5,50 euro al chilo, addirittura sotto costo se si considerano le quotazioni medie attuali alla produzione. Ma si tratta, appunto, di valori medi che non escludono prezzi al caseificio inferiori, anche in virtù delle aste al massimo ribasso, bandite da molte catene della distribuzione.

SOLO 1,10 EURO IN PIU’ CHE AL CASEIFICIO

Per fermarci ai listini, senza calcolare le offerte, il prezzo più basso eccede di appena 1,10 euro la quotazione all’ingrosso del formaggio di cui ci occupiamo. Dunque il rincaro dal caseificio al bancone è appena del 19%. Nulla a che vedere con la moltiplicazione per 10 che ha scatenato l’indignazione in Internet. Si tratta di un dato inventato di sana pianta. Una fake new.

Il prezzo mediano è pari a 13,42 euro e in questo caso il rincaro è stato quasi del 132%. Ma c’è un altro valore che vale la pena di ponderare. Il prezzo del Pecorino Romano Dop a marca Fratelli Pinna, che nello stabilimento di Thiesi (Sassari) lavorano quasi il 13%di tutto il latte ovino della Dop. Ebbene, alla Euroesse di Napoli quel pecorino si vende a 9,90 euro al chilogrammo, con un rincaro del 70,7%. Dunque il valore non raddoppia nemmeno.

C’è poi un ulteriore calcolo che si può fare, proprio a proposito della materia prima. Per confezionare un chilo di Pecorino Romano Dop servono 5 litri di latte ovino. Le quotazioni attuali all’allevamento – quelle che hanno fatto scoppiare la protesta – sono precipitate a 60 centesimi al litro. Ma bisogna calcolare che il Pecorino Romano Dop, da disciplinare, può essere venduto con una stagionatura minima di 5 mesi. Dunque per capire il valore della materia prima incorporato nel prezzo di vendita attuale (tralasciando il calo peso per la stagionatura), bisogna risalire al prezzo del latte pagato a settembre che era pari a 80 centesimi. Così nei pecorini che troviamo sul bancone in questi giorni, il valore del latte incorporato nel prodotto arriva a 4 euro tondi. E sempre prendendo a riferimento il formaggio che esce dal caseificio Pinna, il rincaro al bancone è pari al 147,5%. Meno di una volta e mezza.

67MILA QUINTALI DI ECCEDENZE

Infine un dato che dà le dimensioni della sovrapproduzione da cui è afflitta la filiera del Pecorino Romano. L’eccedenza certificata dal tavolo ministeriale è pari a 67.000 quintali, vale a dire 6 milioni  e 700mila chilogrammi di formaggio, che moltiplicati per 5 (i litri occorrenti per fare un chilogrammo) equivalgono a una sovrapproduzione di latte ovino enorme: 33,5 milioni di litri. Praticamente la produzione di un intero anno delle pecore sarde.

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