Viaggio a Volpedo, la capitale delle pesche che non si sono svalutate

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E’ un’assolata mattina di questa strana estate 2011 quando entro a Volpedo, un comune di 1.236 anime, in provincia di Alessandria, a pochi chilometri dal confine con la Lombardia. La località à famosa, nell’ordine, per aver dato i natali al pittore Giuseppe Pellizza, autore del celebre dipinto «Il quarto stato» e per le pesche. Che sono gialle profumatissime e, al contrario di quanto sta accadendo nel resto d’Italia, non si sono svalutate. Io sono qui proprio per scoprirne il motivo. Sulle dolci colline che fanno da cornice all’imbocco della Val Curone è un alternarsi ininterrotto di vigneti e pescheti, battuti in questi giorni dal primo vero sole d’estate, anche se siamo già ad agosto. A quest’ora, sono le 10 passate da poco, si intravvede qualche raro trattore rientrare nelle cascine dopo aver caricato le “rotoballe” di fieno dell’ultimo taglio. L’appuntamento è col vulcanico sindaco Giancarlo Caldone. Mi riceve nella sala consiliare mentre è intento a smistare assieme ad alcuni collaboratori centinaia di manifesti per le sagre d’agosto destinati all’affissione nei comuni vicini. Giusto il tempo per le presentazioni, un caffè e quattro chiacchiere. Mi racconta dell’ultima iniziativa, una scuola di formazione per amministratori pubblici, costituita a giugno proprio a Volpedo. «Vi hanno già aderito 11 comuni», dice Angelo Gandini, assessore comunale alla Finanza e all’Innovazione e presidente della scuola. Ne riparleremo.
Caldone, dal balconcino del Municipio, mi indica la strada per la cooperativa fra i produttori locali di pesche, Volpedo Frutta. Dalla piazza principale del paese dista meno di un chilometro. Ci vado.
A ricevermi è Gianpiero Chiapparoli, il responsabile commerciale, che mi racconta tutt’altra storia rispetto a quelle che si leggono sui giornali in questi giorni. «Le quotazioni delle nostre pesche sono simili a quelle dello scorso anno», dice, «certo è un po’ presto per tirare le somme, i raccolti sono in corso, ma non mi meraviglierei se chiudessimo la stagione con un prezzo di vendita medio all’albero di 75 centesimi al chilo». Sideralmente lontano, aggiungo io, dai 20 cent riconosciuti ai produttori di nettarine di cui si parla molto in queste settimane.
Questa volta non mi trovo a raccogliere il grido d’aiuto degli agricoltori… «Le spiego il perché», dice senza esitazioni Chiapparoli: «Noi puntiamo su un prodotto di qualità, capace di distinguersi da solo sui banchi della grande distribuzione. Da queste parti si coltivano solo varietà di pesche antiche che possono essere raccolte esclusivamente quando sono giunte a maturazione. Non cogliamo frutti acerbi destinati magari a rimanere in frigorifero anche tredici o quattordici giorni. Le pesche di Volpedo si colorano soltanto negli ultimi giorni prima di maturare, anche volendo non potremmo coglierle prima. La differenza è enorme: i nostri frutti sono morbidi, profumati e gustsissimi. E’ questo il segreto che ci ha permesso di mantenere intatta la quota di mercato nella grande distribuzione». Da qui a due mesi i 30mila quintali prodotti in questa stagione saranno venduti tutti.
E ora i prezzi. La filiera di Volpedo Frutta è decisamente corta, niente intemediari, niente mercati generali. «I produttori conferiscono alla cooperativa», dice Chiapparoli, «e noi vendiamo direttamente a tutte le catene della grande distribuzione, presenti nell’area 1 Nielsen (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia, ndr). E’ per questo che riusciamo a incassare anche 1,50 euro al chilo per le pezzature più grandi, quelle da 14, 15 o 16…». Che non sono calibri, ma indicano il numero di frutti che stanno in un platò, come si chiama da queste parti la cassetta di cartone destinata al trasporto. A mano a mano che cala la grandezza scende anche il prezzo. Per le varietà da 18, 20 e 22 frutti a platò, la cooperativa incassa da 1,20 a 1,40 euro, per arrivare ai 90 cent al chilo con le pesche da 26, le più piccole.
Il 25% dei ricavi è destinato a coprire i costi di Volpedo Frutta. Così si arriva a un prezzo medio al campo di 75 centesini (raccolto 2010).
Le stesse pesche che qui, nel vasto porticato coperto della cooperativa, la grande distribuzione acquista a un prezzo che va da un euro a  un euro e 80, le rivende poi da 2 a 2,70 euro. «Lo scriva», mi dice Chiapparoli, «altrimenti passa il messaggio che tutta la frutta rincara del 500% dal campo alla tavola. Da noi non è così. Lo scriva, sennò i consumatori si arrabbiano e magari smettono di comperare frutta». Fatto.
Certo la scelta compiuta a Volpedo consente di portare sul mercato un prodotto unico, capace di differenziarsi dagli standard di mercato che con l’invasione delle pesche spagnole si sono abbassati. Nel prezzo e nella qualità. A fare le cose come una volta ci si può guadagnare anche oggi.

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