Arriva il decreto del ministro Romano sulle etichette: cambiare tutto per non cambiare nulla

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L’operazione trasparenza appena varata dal ministro dell’Agricoltura Francesco Saverio Romano per le etichette alimentari rischia di trasformarsi in una gigantesca bufala. Il Decreto legge che è in fase di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale introduce alcune novità importanti, a cominciare dalla grandezza dei caratteri che indicano l’origine dei prodotti: si parla di olio d’oliva, carni bovine, pollo, miele, latte fresco e passata di pomodoro.
Per l’olio d’oliva, in particolare, il provvedimento prevede che la denominazione d’origine sia «apposta in etichetta nello stesso campo visivo e in prossimità della denominazione di vendita», dunque dovrà comparire nella parte frontale della confezione e non sul retro. Di più: dovrà essere stampata «con caratteri tipografici la cui dimensione – riferita all’altezza della minuscola “x” – è almeno pari alle altezze sotto indicate:
a) 6 mm se la quantità nominale è superiore a 4.999 ml;
b) 3 mm se la quantità nominale è compresa fra 4.999 e 1.001 ml;
c) 2 mm se la quantità nominale è compresa fra 1.000 e 201ml;
d) 1 mm se la quantità nominale è uguale o inferiore a 200 ml».
Dimensioni del carattere a parte, sempre per l’olio, il nuovo decreto in realtà emenda quello precedente, in vigore sempre per l’olio d’oliva (10 novembre 2009) che all’articolo 4 recita:

«La designazione dell’origine degli oli extravergini di oliva o degli oli di oliva vergini figura attraverso l’indicazione sull’etichetta», attenzione perché è questo il passaggio cruciale, «del nome geografico di uno Stato membro (della Ue, ndr) o della Comunità (europea, ndr) o di un Paese terzo».

Ed è quello che già accade. Tutti gli oli extravergini commerciali che si trovano in vendita dichiarano come origine: «ottenuto con oli extravergini comunitari». E per quel che è dato sapere la materia prima da cui sono ricavati in realtà potrebbe arrivare da ogni parte del mondo. Basta che transiti in uno Stato membro dell’Unione europea, per esempio la Spagna, e diventa automaticamente comunitaria.
Il Dl etichette del ministro Romano introduce un’unica modifica: ora la dicitura «Ottenuto con oli extravergini comunitari» dovrà apparire sul davanti delle bottiglie e non più sul retro. Per il resto resterà tutto come prima.
Vale la pena di notare poi che le nuove disposizioni riguardano il latte fresco e la passata di pomodoro, due merceologie per le quali era già obbligatoria l’indicazione d’origine, mentre non dice nulla sul latte a lunga conservazione e sui sughi di pomodoro per i quali invece non vige alcun obbligo.
Non è un caso se Federalimentare, da sempre contraria a qualunque disposizione che introduca la completa tracciabilità e renda trasparente la filiera fino al campo o alla stalla, non abbia nulla da dire. Ho cercato e ricercato fra le maggiori agenzie di stampa eventuali dichiarazioni della Confindustria alimentare senza successo. E sapete perché gli industriali non hanno niente da dire? La risposta è semplice: il Dl etichette appena varato non cambierà nulla nella sostanza. Sugli scaffali dei supermercati continueremo a trovare sughi di pomodoro, latte Uht, miele, olio extravergine, carni di pollo, la cui reale origine rimarrà sconosciuta. Nascosta dietro diciture vaghe che rimandano a zone geografiche grandi come un continente. Non parliamo degli altri alimenti, per esempio le carni di maiale, i salumi, la pasta, il riso, i biscotti, le merendine, il pane…
Così mi viene in mente la famosa frase che Giuseppe Tomasi di Lampedusa (pure lui siciliano di Palermo come il ministro dell’Agricoltura) fa dire a Tancredi, il nipote del principe di Salina, nel Gattopardo: «Cambiare tutto per non cambiare nulla».

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