Salva l’etichetta d’origine per i formaggi

La Ue non impugna il decreto italiano: rimane obbligatoria fino a dicembre 2021 la dichiarazione d'origine in etichetta per burro, yogurt, formaggi e latticini:

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etichetta di origine per i formaggi

L’etichetta d’origine obbligatoria per burro, yogurt e formaggi non decade. L’obbligo è prolungato fino al mese di dicembre 2021. Un’ottima notizia. La Commissione europea ha lasciato scadere il cosiddetto «periodo di stand still» – letteralmente «stai fermo» – vale a dire il periodo di sospensiva di 90 giorni entro il quale l’Eurogoverno avrebbe potuto fare apposizione al nuovo decreto inviato in bozza lo scorso febbraio a Bruxelles dal governo italiano.

Dunque resta obbligatorio scrivere in etichetta il Paese di mungitura su latte a lunga conservazione, burro, yogurt, latticini e formaggi. Di fatto tutti i prodotti della filiera lattiero casearia. Il decreto scritto a quattro mani dai ministri Bellanova (Politiche agricole) e Patuanelli (Sviluppo Economico) è in attesa della firma. Il sigillo definitivo prima della pubblicazione, sulla Gazzetta Ufficiale.

ETICHETTE SPERIMENTALI

L’obbligo di indicare l’origine, è bene ricordarlo, ha carattere sperimentale, in quanto deroga le norme europee in materia che viceversa non prevedono alcuna dichiarazione d’origine se non nel caso in cui sulla confezione compaiano simboli, diciture o riferimenti che facciano supporre – nel nostro caso – l’italianità del prodotto. È quanto stabilisce il Regolamento Ue 775 del 2018 sull’origine dell’ingrediente primario. Una norma che però dovrebbe ripassare al vaglio del Parlamento europeo, dopo l’imponente sottoscrizione pubblica Stop cibo anonimo, promossa da Coldiretti assieme ad altri sindacati, tra i quali il polacco Solidarnosc. una sottoscrizione che ha raccolto un milione e 100mila firme.

Il nuovo decreto sull’origine dei formaggi, in fase di pubblicazione, proroga il precedente, introdotto il 19 aprile 2017, che rese obbligatoria la dichiarazione d’origine per latte vaccino, ovicaprino, bufalino e derivati. Dunque latte Uht, burro, yogurt, mozzarella, formaggi e latticini. Un provvedimento che condivideva la scadenza con altri analoghi il 31 marzo scorso. Dal primo di aprile 2020 avrebbe doveva entrare in funzione il Regolamento Ue 775/2018, ma la Commissione ha accettato di sospenderne gli effetti, salvando così la dichiarazione d’origine obbligatoria per pasta, riso, sughi di pomodoro e ora formaggi.

CHI VINCE E CHI PERDE

Innanzitutto vince la trasparenza e dunque il diritto dei consumatori di conoscere il Paesi di mungitura del latte. Poi, almeno sulla carta, dovrebbero vincere anche gli allevatori italiani perché l’etichettatura d’origine obbligatoria valorizza i formaggi 100% made in Italy. Ma i nostri produttori di latte sono alle prese con il crollo della domanda di formaggi e latticini provocata da un lato dal fortissimo calo delle esportazioni e dal contemporaneo calo del potere d’acquisto delle famiglie per l’emergenza virus. Così hanno poco da festeggiare.

Di sicuro perdono gli esportatori tedeschi e olandesi che contano viceversa sulle etichette opache per inondare il nostro mercato con il loro latte che le industrie casearie del Belpaese hanno trasformato per decenni in formaggi «made in Italy». E un po’ perdono pure proprio gli industriali italiani del settore, alcuni dei quali si auguravano strumentalmente che la Commissione Ue bocciasse le etichette d’origine sperimentali.

CONSUMATORI POCO INFORMATI

Ma le etichette trasparenti rischiano di avere un effetto poco più che marginale. A leggerle, al momento di compiere l’acquisto, è una quota tuttora minoritaria dei consumatori. Non più di tre su dieci. E le notano in pochi perché la stragrande maggioranza non sa che sia obbligatoria la dichiarazione d’origine. Dunque non la va a cercare. Anche ora che con l’emergenza Covid il 100% Italia è diventato un elemento discriminante nella scelta dei cibi, in molti cadono nel grande equivoco: marca italiana uguale cibo italiano. Non è così, naturalmente, ma l’abbaglio è in agguato per molti. Quasi un consumatore su due.

Ripubblico a beneficio dei miei lettori un tabellone con i cibi che finiscono più spesso nel carrello della spesa degli italiani, suddivisi fra quelli per i quali la dichiarazione d’origine è obbligatoria e gli altri, che conservano l’etichetta anonima.

etichetta d'origine dei cibi

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