Da gennaio di quest’anno la Barilla ha compiuto un passo storico: la linea di pasta Classica, quella che si trova in vendita nella scatola azzurra, è fatta interamente con grano coltivato e molito nel nostro Paese. Un evento importate, dopo che il colosso di Parma aveva tentato per anni di sminuire il 100% Italia. Certo, non tutta la pasta Barilla è ottenuta da grano nazionale, ma la linea Classica è quella che vende di gran lunga di più. E parliamo del gruppo che resta il numero uno nel mercato della pasta secca, proprietario pure della Voiello, che da anni è fatta col grano Aureo cresciuto nella Penisola.

Barilla Classica e Barilla scatola blu

Non scrivo quasi mai di una sola marca in chiave positiva, anche perché ho imparato a mie spese che sui social media questo genere di articolo viene subito gabellato come «pubblicità» e hai voglia a spiegare ai soliti leoni da tastiera che spesso non sanno nulla, l’importanza di fare anche dei casi positivi, altrimenti tutto si trasforma in sterco. E ti ritrovi a dipingere solo un mondo di merda, fatto di complotti, scandali, raggiri. Ma corro volentieri il rischio, anche perché proprio di questo fenomeno vi voglio parlare. La demolizione sistematica di un marchio, un’azienda, a prescindere da quel che fa. Un fenomeno alimentato sui social media da una marea di bufale più o meno credibili che rimbalzano anche da siti capaci di raccontare solo fregnacce. Spesso scritte coi piedi.

BUFALE «SOCIALI»

Tutto comincia con una notizia neutra che ho condiviso sui miei social. Paolo Barilla che annuncia l’accordo di filiera con 8mila cerealicoltori italiani per garantirsi la materia prima di qualità necessaria a fare spaghetti, fusilli e maccheroni 100% made in Itali. Apriti cielo: la notizia è salutata da una bordata di commenti caustici che vanno da un apodittico «impossibile» al più becero ma diffusissimo «le etichette d’origine sono tutte false». E in mezzo c’è spazio per registrare infinite fake news. Ne metto in fila alcune, giusto per capire la fenomenologia della bufala sociale. Fra parentesi quadra i miei commenti. Tenetevi forte…
Paolo: «E tu credi a quel che dice Barilla? So per certo che la quota di maggioranza è in mano ai cinesi. Sappilo» [la balla del secolo].
Francesco: «Trasporto grano e i silos dei depositi periferici utilizzati dalla Barilla sono pieni di grano canadese, russo e cinese italianizzato grazie alle triangolazioni» [non importiamo grano da Russia e Cina, ma Francesco non lo sa].
Emanuele: «Guarda che in questo articolo [uscito nel 2018, mentre Barilla produce il 100% Italia da gennaio 2020] c’è scritto che Barilla fa arrivare il grano dal Canada e dall’Arizona, tu scrivi balle» [lo scoop da emeroteca].
Enrico: «A me risulta che Barilla importi il grano dall’Ucraina e pure dalla zona di Chernobyl» [la pasta radioattiva, la balla del secolo/2].
Santo: «Al nordest si può solo fare la pasta col grano duro importato perché lì non cresce» [ma, la Barilla, che fra l’altro non si trova nel nordest, non può acquistare grano duro coltivato ad esempio in Puglia o in Sicilia?].
Luca: «Mangiati pure tu la tua Barilla! Cos’è? Ti pagano per scrivere queste cose?» [il complotto].
Giuditta: «Ma guarda un po’ questo… Non ti vergogni a fare la pubblicità per la Barilla? [il complotto/2].
Pasquale: «Fammi capire, tu vai in giro a leggere le etichette della pasta e poi scrivi le recensioni dicendo quali sono le più buone?» [mai dato un giudizio organolettico, non sono un assaggiatore e le mie preferenze le tengo per me].
Erminio: «Ma secondo te un pastificio americano può produrre la pasta col grano italiano?» [Barilla era stata sì venduta nel 1971 a un gruppo Usa, ma otto anni dopo, nel ’79, la famiglia ha riacquistato l’intero capitale].
Corradino: «Barilla sfrutta gli immigrati nei campi, non comprarla!» [peccato che la società non coltivi grano e quindi sia nell’impossibilità di sfruttare alcun bracciante].
Antonia: «Etichetta falsa, pasta falsa» [elementi per sostenere questa tesi: zero].
Nicola: «Perché dovrei crederti? Sei un giornalista o sbaglio? Lascio questo gruppo e lo segnalo subito» [il peccato originale: essere giornalisti].
Ernestina: «Siamo a Zelig?» [io non lo so, lei di sicuro].

manifesto del grano duro italiano Barilla

SEQUENZA DIABOLICA

La sequenza di asinate è virtualmente infinita e spesso queste fake news vengono condite da insulti e offese di varia natura – che vi risparmio – nel qual caso non esito a bloccare gli autori. Ma questa fabbrica infinita di bufale mi è utilissima per capire quale sia l’aria che tira sui social. Nel caso di cui vi racconto questi bufalari hanno avuto la sfortuna di imbattersi nel sottoscritto: da quasi vent’anni vivo a pane e made in Italy e so riconoscere una balla lontano un chilometro. Purtroppo, perfino nei gruppi dedicati ai prodotti 100% italiani, in pochi hanno le conoscenze per controbattere queste minchiate galattiche che, amplificandosi di commento in commento, finiscono per diventare rivelazioni da prima pagina che la famosa informazione mainstream ignora perché – sempre secondo i bufalari – è collusa con chi falsifica l’origine della pasta.

Così, alla fine, dopo aver polemizzato con la Barilla per anni, finisco per diventarne uno strenuo difensore. E ribatto colpo su colpo. Commento per commento. Innanzitutto perché sono allergico alle balle, chiunque sia a raccontarle. Ma soprattutto perché nel momento in cui il leader di mercato abbraccia la politica del 100% made in Italy va aiutato in ogni modo, assieme a tutti gli altri produttori che lo hanno preceduto in questa scelta.

AFFERMAZIONI DA DENUNCIA

Molte delle affermazioni che ho riportato meriterebbero una querela. Ne sono consapevole. Sui social media, tuttavia, è difficile per chiunque far valere i propri diritti. Ma forse l’importate per le aziende colpite da queste calunnie non è tanto trascinare in tribunale gli autori delle falsità – anche se qualche bella denuncia ci starebbe bene – quanto piuttosto essere consapevoli di quel che si dice sul loro conto. Quel che i latini definivano tradunt, nell’accezione del «si racconta». Perché gli autori di questi racconti distorti e falsi sono in grado di contaminare un’infinità di persone. Le fake news trovano un terreno straordinariamente fertile sui social. L’importante è saperlo. E non esitare a contrastarle.

Nel frattempo ecco quali sono i pesi dei grandi produttori italiani di pasta sul nostro mercato.

vendite di pasta per marca

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