L’Europa silura le etichette a semaforo degli inglesi

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I 1200 prodotti a denominazione d’origine europei sono salvi. Per ora. La Commissione Ue ha deciso di aprire una procedura d’infrazione nei confronti della Gran Bretagna per le etichette a semaforo, introdotte da Londra alcuni mesi or sono. Il meccanismo era semplice quanto perverso per le specialità alimentari italiane. Formaggi ad alto tenore  di grassi, come la ricotta, il Parmigiano o il Gorgonzola venivano bocciati regolarmente, beccandosi un rosso pieno.  Disco verde, invece, per i cibi «plastificati», in cui il mondo anglosassone eccelle. Formaggi dietetici, magari insaporiti con additivi poco salubri, bevande povere di zucchero ma coloratissime, salumi quasi senza sale ma provenienti chissà da dove: con la scusa di difendere la salute dei consumatori, l’Inghilterra aveva inventato un sistema di etichettatura destinato a identificare come «poco salutari» praticamente tutti i campioni del made in Italy a tavola. Perfino la pasta e il vino rischiavano di prendere un brutto voto.

LIBERA CIRCOLAZIONE. Con il nobile fine di contrastare l’obesità, il governo di David Cameron, in realtà stava riuscendo in un’impresa fallita perfino dalla Merkel: privilegiare i prodotti nazionali a scapito di quelli importati. Assestando un duro colpo ai Paesi periferici, Italia in testa. Ma l’operazione pare destinata a fallire. La Commissione europea, infatti, ha inviato a Londra una lettera di messa in mora, accusando il sistema di etichettatura semaforica di violare il principio della libera circolazione delle merci. Ancora una volta, però, Bruxelles ha dato prova di miopia e opportunismo. L’altolà arriva non tanto sul meccanismo che non riesce a distinguere i cibi salubri da quelli che tali non sono. Quanto perché, inducendo i consumatori ad acquistare i prodotti col semaforo verde, discriminerebbe gli altri. Alzando così una barriera de facto sulla strada dei cibi importati. La stessa argomentazione usata per colare a picco due leggi italiane su tracciabilità e trasparenza dei cibi 100% made in Italy.

Nei dettagli, come nelle questioni di principio, il Politburo che da Bruxelles governa il Vecchio Continente non si smentisce mai. E un po’ come se uno spacciatore di professione venisse arrestato non per l’attività criminosa che esercita – dannosa per la salute pubblica – quanto perché la sua presenza nei vialetti dei parchi e per le strade, ostacola il transito dei passanti!

L’INSIDIA DEL REFERENDUM. Ma non è detto che Londra si adegui in fretta al diktat comunitario. La prospettiva per i britannici è quella di uscire dall’Unione con il referendum che si potrebbe tenere dopo le elezioni del 2015. Il rituale della Ue prevede ora che Londra abbia due mesi di tempo per rispondere alla lettera di diffida. Ma non è scontato che la risposta inglese equivalga a un «signorsì». Cameron potrebbe anche adottare una tattica dilatoria, inviando spiegazioni sulla finalità dell’operazione: dichiarare guerra all’obesità. Pazienza se le Dop italiane e francesi ne sarebbero danneggiate, l’obiettivo è di indurre i sudditi britannici a limitare l’assunzione di grassi, zuccheri e sale. Non sarebbe la prima volta che tra Bruxelles e un singolo Paese andrebbe in scena un tira e molla lungo mesi prima che accada qualcosa di decisivo.  Né la commissione ha interesse ad alimentare il sentimento antieuropeista che ha indotto il governo adire sì al referendum.

Insomma, la partita è ancora lunga.

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