Compie 13 anni l’auto fantasma ad aria. E arriva in Sardegna

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Minicat, Eolo, Airpod: nomi diversi per identificare la stessa cosa, l’auto fantasma ad aria compressa. Se ne parla dall’inizio del decennio scorso quando Guy Nègre,  ingegnere ed ex progettista della Williams di Formula 1, fece il grande annuncio al Motorshow di Bologna : presto entrerà in produzione un veicolo rivoluzionario, alimentato ad aria compressa e capace di percorrere 100 chilometri  con 70 centesimi. Dopo di che non accadde nulla. Della Eolo, questo era il nome della wind car destinata a rivoluzionare la mobilità personale e collettiva, non si seppe più nulla. Ricordo che un collega molto più esperto di me in fatto di motori, Gianpiero Piazza, fu tra i pochi ad esprimere parecchie perplessità. «Si ghiaccia il motore… Non funzionerà mai».  In realtà qualcosa accadde, sempre a livello mediatico, però. Nell’autunno di quello stesso anno – era il 2001 – il Corriere della Sera, anticipava la imminente messa in produzione: «Pavia crede nell’auto ad aria compressa. A Broni il primo stabilimento per produrre Eolo, la city car ecologica». In realtà a Broni non venne prodotto nulla. I 76 operai assunti nel 2003 vennero dapprima messi in cassa integrazione e due anni dopo licenziati.

Dopo altri annunci e anticipazioni sull’ imminente arrivo sul mercato dell’auto ad aria – andati regolarmente a vuoto –  eccoci all’estate 2014. A 13 anni dalla prima comunicazione arriva quella che pare definitiva (come le altre, però): «Il progetto diventa realtà: l’auto ad aria compressa e inquinamento zero verrà prodotta in Sardegna». Così titolava nei giorni scorsi il portale Rainews.it. Aggiungendo: «Ideata dall’ingegnere francese Guy Nègre, titolare della Mdi, Motor Development International, sarà prodotta e distribuita a Bolotana (Nuoro) da Airmobility, una società di imprenditori sardi che ha scommesso su questa innovativa tecnologia». Ignoro quanti soldi sia costato finora l’insediamento di Bolotana, ma mi riservo di appurarlo, sommando poi la cifra a quella spesa a Broni e ai quattrini messi dallo Stato per la cassa integrazione degli operai bronesi.

Dunque la storia si ripete. Con una precisione da cronografo svizzero. Sono identiche perfino le foto dei prototipi che girano in rete: le vedete nella galleria in testa a questo post. L’Airpod di oggi assomiglia maledettamente a quello del 2001. Anche se nel frattempo la Mdi ha diffuso alcune immagini (in realtà si tratta di rendering) da cui si intuisce che ha aggiornato lo stile della carrozzeria di queste vetture-pilota. Nulla più. A suo tempo avevo anche inseguito l’ingegner Nègre nel tentativo di intervistarlo per chiedere spiegazioni del’oblio che aveva sepolto come una coperta lui, Eolo e i motori ad aria. Nulla. Nessuna risposta.

A nutrire dubbi sull’operazione che pare la fotocopia delle precedenti, finite in una bolla di sapone, è anche Paolo Attivissimo, giornalista informatico e imbattibile cacciatore di bufale: «Airpod, 13 anni di promesse mancate«, scrive su Zeusnews.it, «l’auto ad aria è una bufala, fino a prova contraria».  E ho il fondato sospetto che abbia ragione da vendere. Pure in questo caso.

la air car fa il paio con i super dirigibili di nuova generazione. Se ne parla di primi anni Ottanta, ma in tutti questi anni si sono visti soltanto alcuni modellini pur funzionanti. È il caso dello Skycat e del Cargolifter. A furia di annunciarli si sono stufati perfino i giornalisti più creduloni.

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