Nuova fregatura da Bruxelles: niente etichetta obbligatoria per le merci extra Ue

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La Commissione europea straccia la proposta di regolamento per rendere obbligatorio il «made in…» sui prodotti importati. Hanno vinto la Germania e le lobby dell’industria. Alla fine l’ha avuta vinta la Germania perfino sull’etichettatura d’origine obbligatoria per le merci extraeuropee. La proposta di regolamento che giaceva a Bruxelles in attesa di approvazione da oltre un anno è finita nel cestino. Cassata. Letteralmente stracciata. L’ho scoperto leggendo il comunicato diffuso da Mara Bizzotto, europarlamentare della Lega Nord. La vicenda, nella sua gravità, è purtroppo lineare: il commissario europeo al Commercio Karel de Gucht ha annunciato il ritiro della proposta di regolamento sul «made in». Il motivo? «L’impossibilità di raggiungere il necessario consenso fra gli Stati membri».In realtà, questo il commissario belga non l’ha detto ma lo sanno tutti, ad essere contraria al provvedimento era soprattutto la Germania. Attenti che il regolamento accantonato doveva riguardare soltanto i prodotti finiti. Non le materie prime – neppure quelle alimentari – e i semilavorati che arrivano in quantità ingentissima soprattutto da Cina, India e Vietnam e contribuiscono a confezionare alimenti, vestiti, scarpe e accessori spacciati poi per italianissimi. Giusto per fermarci alle cose di casa nostra. No, la direttiva europea si sarebbe applicata esclusivamente ai prodotti fatti e finiti. Ma questo dava fastidio agli importatori del Nord Europa che hanno costruito le loro fortune sulla falsificazione sistematica dell’etichetta dei prodotti comperati all’estero e rivenduti poi nel Vecchio continente a prezzi elevati. Il gioco, infatti, funziona benissimo anche con le classiche triangolazioni: prendo uno zainetto di quelli che impazzano fra i teenager in Vietnam e lo pago, con consegna in Italia, 18 dollari a pezzo. Poi lo metto in vendita a 80 euro (attenti alle valute!) sullo scaffale del supermercato. Con un ricarico del 471%. E lo stesso giochino funziona con centinaia di prodotti. Alimentari inclusi. Se questi furbacchioni fossero obbligati a dichiarare l’origine extra Ue chi comprerebbe più da loro? Incidentalmente la decisione di giustiziare il regolamento assunta da Bruxelles, fra l’altro contro il parere del Parlamento europeo che aveva detto sì all’introduzione, favorisce anche un buon numero di imprese italiane che hanno delocalizzato nei Paesi a basso costo della manodopera le loro produzioni. Scrive in proposito l’onorevole Bizzotto: «La responsabilità del governo italiano è evidente, con Monti e i suoi ministri che ancora una volta hanno calato le brache davanti alla Merkel e alla Germania. Il governo non ha saputo, né voluto, difendere gli interessi delle nostre industrie di fronte agli altri Paesi». Temo che l’inattività dei Professori non sia casuale.
Le centinaia di migliaia di lavoratori che hanno perso il posto dopo la delocalizzazione delle fabbriche e quelli che lo perderanno nei prossimi anni ringraziano. Sentitamente.

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