Nuovo pasticcio di Bruxelles sull’etichettatura dei bovini all’origine

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Via libera definitivo del Consiglio della Ue al nuovo regolamento per l’etichettatura obbligatoria. Salvo imprevisti (con la burocrazia europea non mi sento però di escludere nulla) entro la fine di novembre il nuovo provvedimento dovrebbe essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Per entrare in vigore alla metà di dicembre. Dopo un braccio di ferro fra Parlamento Ue (favorevole alla tracciabilità totale dei cibi) e Consiglio (contrario) la dichiarazione d’origine in etichetta diventerà obbligatoria per la carne di maiale, di agnello e di pollo, mentre lo era già  per i bovini, il miele, l’ortofrutta e l’olio d’oliva. Obblighi che in taluni casi – per esempio l’extravergine – le aziende riescono ad aggirare con destrezza, grazie anche alla genericità dei regolamenti europei.
Ma questo è noto, per lo meno agli internauti che frequentano Etichettopoli. Però c’è dell’altro: se con una mano Bruxelles dà una stretta sul fronte della tracciabilità, con l’altra spalanca le porte sull’etichettatura volontaria. L’occasione è la proposta di regolamento per introdurre il microchip d’identificazione elettronica dei bovini. Ebbene, con lo stesso documento Bruxelles  propone di abolire l’etichettatura facoltativa. Una cosa buona l’utilizzo della moderna tecnologia, pessima invece l’idea di abolire l’etichettatura facoltativa, introdotta 10 anni fa, in piena emergenza Bse (la mucca pazza). Dalla lettura del nuovo regolamento e dei documenti accompagnatori, la solita montagna di carta, si capisce che con l’orecchino elettronico diventerebbe superflua l’etichettatura all’origine. Ma si capisce pure che ognuno dei Ventisette potrà decidere quando rendere obbligatorio il microchip al posto della marca auricolare. Nel frattempo però verrà a cadere l’obbligo di tracciabilità su carta. Un vero pasticcio.
Bruxelles giustifica l’iniziativa con la necessità di tagliare i costi delle burocrazia, ma secondo uno studio degli allevatori italuani i risparmi attesi sarebbero nell’ordine dei 365mila euro per l’intera Unione europea: una frazione di centesimo a capo. E poi come la mettiamo con l’obbligo di apporre l’etichetta trasparente in base alle disposizioni che entreranno in vigore fra novembre e dicembre?
«La proposta di introdurre il microchip è condivisibile – mi ha spiegato il presidente del consorzio l’Italia Zootecnica, Fabiano Barbisan – ma come la scrivono alla Commissione è inefficace perché aumenta i costi e non da alcuna garanzia in più rispetto alle tradizionali marche auricolari che oggi marchiano il nostro bestiame. Noi  abbiamo già sperimentato un microchip innovativo e diciamo chiaramente ai tecnici dell’Unione europea che se non viene associato contemporaneamente al prelievo del Dna, che è una cosa semplicissima, un automatismo che consente di raccogliere una parte infinitesimale di cartilagine dell’orecchio del bovino, con una piccolissima provetta, proprio mentre si applica l’auricolare, non darà alcuna sicurezza di tracciabilità in più rispetto alle tradizionali marche auricolari che oggi vengono utilizzate». 
Ma cosa potrà accadere se la proposta di Bruxelles dovesse avere il via libera? Lo spiega lo stesso Barbisan:  «In un recente incontro con un grande gruppo della grande distribuzione che commercializza oltre l’80% della carne prodotta in Italia, saputa la notizia della proposta di regolamento che abolisce l’etichettatura facoltativa, hanno detto chiaramente che se ci sarà un appiattimento delle informazioni in etichetta e non ci saranno più le garanzie previste dai disciplinari di etichettatura facoltativa, faranno anche loro come i concorrenti e si sentiranno liberi di acquistare la carne in quei Paesi dove costa meno».
Che pasticcio… Proprio mentre entra in vigore il nuovo regime di tracciabilità per maiali, polli e agnelli, dall’eurogoverno parte una proposta per cancellare l’etichetta facoltativa dei bovini all’origine. La domanda è la solita che mi sono posto mille volte: quando potremo sapere con certezza cosa mettiamo nel piatto?

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